Perché parlare ancora di fatti ormai vecchi, praticamente dimenticati, oggi che succedono tante cose nuove, così diverse? Diverse? Ecco, forse, dare un’occhiata soffermandosi sui dettagli potrebbe dimostrare da dove tutto è cominciato. Forse. Perché, dovremmo saperlo, scoprire da dove hanno inizio le cose potrebbe anche rendere possibile immaginare come farle finire. Forse. Sta di fatto che Giulio Cavalli ha scritto questo nuovo testo e che si è avvalso della collaborazione di un uomo della magistratura importante come Giancarlo Caselli e di un autore di noir celebre come Carlo Lucarelli, della regia di un uomo da sempre contro il sistema come Renato Sarti e che debutta in prima nazionale il 5 aprile al Teatro della Cooperativa di Milano. Basta questo per rendere la data importante. Qui ci rimane fino al 22 aprile ma solo la sera del debutto il pubblico godrà della presenza dal vivo dell’autore delle musiche, Stefano "Cisco" Bellotti, che tutti conoscono per essere stato un tempo eccellente cantante dei ‘Modena City Rambler’ e da anni un apprezzato autore e musicista.
Questo rende sempre più interessante lo spettacolo, realizzato come cinque praticabili, cinque diversi “spazi” ed uno schermo per dare vita attraverso il racconto e alcune immagini alle tante parti del puzzle che compongono la storia. In una scena nuda ed essenziale, dove il “posto d’onore” al centro del palco spetta ad un inginocchiatoio su cui è poggiato un impermeabile, prende forma una figura, quella di Giulio Andreotti. Oggi Andreotti è l'icona di un "martirio giudiziario" con oscuri fini politici che ce lo raccontano assolto. Nella sentenza si legge: «Quindi la sentenza impugnata, al di là delle sue affermazioni teoriche, ha ravvisato la partecipazione nel reato associativo non nei termini riduttivi di una mera disponibilità, ma in quelli più ampi e giuridicamente significativi di una concreta collaborazione». Se la sentenza definitiva fosse arrivata entro il 20 dicembre 2002 (termine per la prescrizione), Andreotti avrebbe potuto essere condannato in base all'articolo 416. La storia, comunque, dice che Andreotti si è seduto al tavolo della Mafia. E come, dove, con chi e "presumibilmente perché”, va raccontato. La collaborazione drammaturgica di Giancarlo Caselli e Carlo Lucarelli permettono a Cavalli di offrire un quadro emblematico e inquietante della realtà italiana. Alla fine, al pubblico verrà concesso un piccolo bis, in cui dimostra come l’infiltrazione e la corruzione della malavita organizzata all’interno della politica degli anni Ottanta ha degli aspetti identici a quelli di oggi.
Giulio Cavalli, con la duttilità funambolica che il pubblico ha imparato ad apprezzare, alterna le testimonianze, le deposizioni, gli atti giudiziari per descrivere una delle figure più controverse della politica italiana. Molti i momenti intensi e significativi per disegnare il ritratto del potente Giulio (Andreotti) come le parole pesanti quanto il piombo che Aldo Moro dedicò dal rifugio delle BR al suo ex compagno di partito. Altrettanto forti i momenti in cui è lo stesso Cavalli che, indossato l’impermeabile, si inginocchia a mani giunte e – Bibbia alla mano – cita passaggi chiave delle dichiarazioni rese dallo stesso Andreotti nel corso dei procedimenti processuali. Cavalli in questa occasione si avvale della collaborazione (come regista) di Renato Sarti, un altro artista che ha fatto del teatro civile e dell’impegno il punto di forza e di partenza del proprio lavoro teatrale e sa come maneggiare le parole. Parole che scorrono partendo dal quotidiano dei documenti, degli articoli, delle interviste e della sentenza inequivocabile (condannato ma prosciolto grazie alla prescrizione) cercando di rendere appieno lo spessore del Belzebù della politica italiana. Il tutto accompagnato dalle musiche di Stefano “Cisco” Bellotti che alterna diverse atmosfere, tra melodie di sottofondo e intense canzoni.