La Fondazione Pietà dei Turchini propone la nuova opera del compositore nella chiesa di S. Caterina da Siena.
A conclusione della stagione 2014/15 la prestigiosa Fondazione Pietà dei Turchini ha deciso di proporre al pubblico la nuova opera di un compositore molto apprezzato nel panorama campano: Gaetano Panariello, titolare di cattedra di composizione preso il Conservatorio di S. Pietro a Majella, il quale ha avuto modo già da tempo di confrontarsi con forme sinfonico – corali di ampio respiro e di carattere sacro (citiamo per tutte il suo Requiem), mostrandosi a suo modo coerente in questo viaggio personale all'interno di una coralità moderna seppure rispettosa dei canoni compositivi vicini alla grande tradizione classica.
Il suo ultimo lavoro, lo Stabat Mater, è stato allestito in prima assoluta venerdi 22 maggio nella splendida cornice della chiesa di S. Caterina da Siena, un luogo che se ha creato qualche problema per la sistemazione dell’ampio organico scelto dall’autore (son stati utilizzati infatti ben due vibrafoni, due timpani, la gran cassa, la marimba e molte altre percussioni), ha però conferito all’esecuzione dell’opera un’atmosfera di magia in un abbraccio simbolico tra antico e contemporaneo. Lo stesso autore ci ha confidato la genesi dell’opera, ricca di suggestioni emotive e pathos melodico: “Avevo dinnanzi ai miei occhi il tragico quadro del Golgota, e nel contemplare il dramma, che è il dramma per eccellenza per un credente, sentivo attorno a quell’immagine suoni fragorosi, difficili a definirsi. La terra ed il cielo, gli elementi in buona sostanza, si ribellavano all’evento, al dramma compiutosi sotto il loro “sguardo”. Il mondo nella sua totalità desiderava elevare il proprio grido di dolore ed allora ho compreso, ho trovato il timbro – base che cercavo. Potevo servirmi dell’elettronica, ma ho preferito cercare di realizzare quella sonorità ideale, quel suono così particolare, nel solco delle tecniche tradizionali . Una ricerca timbrica, certo, ma basata sul rigore del contrappunto e sulle sue infinite possibilità”.
L’opera si struttura così nella classica divisione in numeri adottata anche dal Pergolesi. Il testo, che per Panariello ha avuto sempre grande importanza, soprattutto nella scrittura corale, sembra suggerire impressioni apparentemente contrastanti, così nell’incipit del lavoro, affidato al ritmo potente ed avvolgente delle percussioni. Il senso dell’ineluttabile, di un vuoto che non ha forma né logica conseguenza, sembra gravare su tutto. Le frasi musicali del sax contralto, se tentano di acuire la drammaticità del suono nel farsi espressione musicale, permettono anche episodi di profondo lirismo in un gioco di contrasti, luci ed ombre, e dialoghi con la sezione delle percussioni. Le parti affidate ai solisti pur scritte in un linguaggio chiaro e non virtuosistico creano una giusta amalgama con il resto della compagine vocale e strumentale e nello scorrere del testo di Iacopone da Todi si avvicendano sezioni di ascendenza jazzistica ed echi di una scrittura minimalista o di un certo sperimentalismo dei primi del novecento (come in A. Part e C. Orff). Il risultato della scrittura vocale è un prodotto semplice ma diretto che permette un attenzione maggiormente rivolta al timbro, oltre a conferire al testo una chiara leggibilità. Il finale, nel rendere un crescendo massivo molto calibrato sia nella scrittura contrappuntistica sia nella resa timbrica, affascina il numeroso pubblico presente in sala, tanto che il direttore, il bravo Davide Troia, bissa a fine concerto ben due sezioni dell’opera.
Pur non condividendo alcune scelte formali ed estetiche adottate da Gaetano Panariello nel comporre il suo Stabat Mater, non possiamo perciò che rallegrarci di una prima esecuzione così ben riuscita, diretta in modo magistrale da Davide Troia il quale si conferma ancora una volta un “tecnico” nell’arte di istruire e dirigere compagini corali di primissimo ordine. Talentuosi ed appassionati i musicisti dell’ensemble Ahirang e di grande spessore la voce del tenore Leopoldo Punziano, elementi di assoluto rilievo che hanno permesso un‘esecuzione misurata ma nel contempo profondamente sentita e ricca di colori .