Londra, Royal Opera House Covent Garden,”Matilde di Shabran” di Gioachino Rossini
GLI INTERPRETI FANNO LA BELLEZZA DELL'OPERA
Matilde di Shabran, composta da Rossini in grande fretta per ragioni contrattuali e inizialmente andata in scena anche con pezzi musicati da Pacini, non va considerata “opera minore”: il libretto, come scrisse Stendhal, è forse “esecrabile“ e la concatenazione degli eventi non troppo coerente, ma la musica è bellissima e nella partitura spiccano concertati davvero notevoli. L’opera, in cui si mescolano elementi seri e giocosi, fa la parodia di un castellano tirannico e misogino, Corradino, che subisce il fascino femminile di un’arguta e avvenente fanciulla, Matilde, ingiustamente condannata ma poi tratta in salvo per il lieto fine.
La Matilde di Shabran ebbe discreta popolarità e fortuna nel ‘800 (ha inaugurato il teatro Feronia di San Severino Marche nel 1823), ma cadde poi nell’oblio fino al recente recupero da parte del Rossini Opera Festival in una nuova edizione critica.
Al Covent Garden è ora in scena il fortunato spettacolo creato da Mario Martone per il ROF del 2004 che ha, come allora, Juan Diego Florez protagonista. La scena unica di Sergio Tramonti è caratterizzata da due scale elicoidali metalliche e rotanti giustapposte al centro di uno spazio vuoto chiuso da quinte scure che suggeriscono il cupo palazzo di Corradino “Cuor di ferro”. L’impianto scenico essenziale e discreto, se pur adattato ad un palcoscenico molto più grande, risulta efficace per accompagnare la musica, mettendo in luce le doti vocali e sceniche dei protagonisti e il mutare dei loro stati d’animo, traducendo a livello visivo la girandola teatrale innescata dalla musica di Rossini. Il pregio dell’allestimento è anche nel restituire quella componente malinconica e crepuscolare che permea l’ultima opera semiseria di Rossini, un genere musicale che stava perdendo la sua centralità nel repertorio a favore di opere decisamente più drammatiche.
Difficile pensare oggi a Matilde di Shabran senza Juan Diego Florez, che debuttò a Pesaro nel 1996 proprio nel ruolo di Corradino per poi trionfarvi nel 2004, contribuendo in modo decisivo alla riscoperta di un’opera “imperfetta” valorizzata dall’eccellenza esecutiva. Juan Diego Florez non ha rivali in questo repertorio e la perfezione da sala d’incisione rivive live: agilità iperboliche, acuti stellari di un virtuoso che incanta l’audience per la fluidità e la perfetta articolazione con cui snocciola note impervie e parole che sembrano sbocciare senza sforzo. Il difficile ruolo non ha neppure un assolo, ma il tenore in gran forma sfrutta ogni sfumatura, esalta il lirismo e la tenerezza di ogni minima inflessione con una dinamica così sfaccettata da rendere espressivo il monocorde personaggio di Corradino. Florez sembra sentire particolarmente la parte e si dimostra ottimo attore, disinvolto e autoironico, per gestualità, perfetti tempi teatrali e l’agilità con cui, oltre agli acuti, volteggia su e giù per la scala.
Ma anche Alexandra Kurzak, apprezzata Susanna nelle Nozze di Figaro al Covent Garden l’estate scorsa, trionfa con un’interpretazione che rende giustizia al ruolo di Matilde, di cui sfrutta tutto il potenziale. La voce è rotonda e corposa, dalle agilità facili e precise, che lasciano presagire una bella carriera, tanto più che il virtuosismo vocale si sposa con tale ironia e naturale malizia da rubare la scena al Divo nel finale pirotecnico, la cui morale “femmine siamo nate per vincere e regnar“ sembra scritta proprio per lei.
Di ottimo livello anche il resto del cast. Vesselina Kasarova nel ruolo en travesti di Edoardo incontra i favori del pubblico per il forte coinvolgimento e un registro grave sontuoso e brunito, ma rispetto ad altre esecuzioni la voce è apparsa meno omogenea e con qualche difficoltà nei passaggi. Alfonso Antoniozzi è un Isidoro fanfarone e divertente che si distingue per le innate doti di buffo e fa ridere il pubblico londinese che, non potendo cogliere tutte le finezze del dialetto napoletano, apprezza l’irresistibile gestualità dell’istrione. Marco Vinco, presente anche nelle recite pesaresi, ha voce sicura e di bel timbro e tratteggia un Aliprando autorevole che s’impone per il fraseggio scolpito, fedele ai dettami del belcanto. Carlo Lepore dona voce sonora e omogenea a Ginardo, mentre Enkelejda Shkosa è una Contessa d’Arco sufficientemente spocchiosa e infida.
Carlo Rizzi offre una direzione di buon mestiere adatta a mettere in luce il canto, ottenendo un buon risultato dall’orchestra, particolarmente ispirata nella sinfonia introduttiva. Discreta la prova del coro diretto da Renato Balsadonna.
Una Matilde di Shabran da tutto esaurito che incanta e diverte davvero, il tempo vola e si vorrebbe risentire tutto da capo facendo ruotare la scala ancora un po’.
Visto a Londra, Royal Opera House Covent Garden, il 31/10/2008
ILARIA BELLINI
Teatro