Teatro

LONDRA, OTELLO

LONDRA, OTELLO

London, Royal Opera House Covent Garden, “Otello” di Giuseppe Verdi


HABEMUS OTELLO?    


Ultimo titolo della stagione, Otello, capolavoro di Giuseppe Verdi, torna al Covent Garden nell’ambito delle celebrazioni estive dedicate a Shakespeare nel noto allestimento di  Elijah Moshinsky con scene di Timothy O’Brien. Se pur sia una produzione che ha compiuto un quarto di secolo funziona ancora per mettere in evidenza conflitti e rapporti psicologici ed il movimento di singoli e masse è assolutamente perfetto.

La scena di apertura, con i cannoni orientati dalle masse in agitazione febbrile verso il pubblico,  fra luci radenti  e nuvole di fumo, è particolarmente avvincente e si apprezza ancora una volta a distanza di anni  l’intuizione di cambiare angolazione e punto di vista, in quanto il mare in tempesta è davanti (ovvero l’audience) e non sul fondo della scena. Bagliori metallici, sapienti chiaroscuri, una torre lignea mobile intorno a cui si addensano e si sciolgono come onde le masse disperate: tutto ci precipita in un climax drammatico in sintonia con la musica che sembra esplodere nell’entrata in scena di un Otello moro e possente come un leone ma dagli occhi di ghiaccio. 
Imponenti colonne corinzie e pavimenti marmorei fanno da cornice agli atti successivi ricreando con pochi tocchi ambienti vasti ed eleganti, una luminosità diffusa proveniente dallo sfondo avvolge e rischiara  il loggiato classicheggiante del secondo atto, ma la luce si fa sempre più livida per scolpire la gelosia barbarica di Otello e  la capacità di manipolazione di Jago, solo Desdemona rimane avvolta da una luce calda che ne esalta la languida purezza e i lunghissimi capelli biondi.

Da qualche anno Aleksandrs Antonenko si confronta con Otello, ruolo che ha affrontato a Salisburgo, Roma e Parigi e di cui ora dà un’interpretazione più matura, attento a differenziare i momenti lirici da quelli drammatici con maggiore attenzione a scavo e accento; quello che si apprezza di più è comunque la voce sicura e brunita, omogenea su tutta la linea, dagli acuti di acciaio, sempre sicuri anche nei passaggi più scomodi, un Otello viscerale ed eroico di grande impatto sull’audience e finalmente “Esultate” e “ Dio mi potevi scagliare” hanno giusta forza tellurica: habemus Otello?
Nell’ultima recita il ruolo di Desdemona è stato sostenuto da Marina Poplavskaja, giunta in sostituzione dell’indisposta Anja Harteros che nelle recite precedenti aveva letteralmente conquistato il pubblico londinese; la cantante russa ha forte presenza e temperamento drammatico (oltre che un’invidiabile chioma bionda) e voce importante dalle screziature brunite, ma questo repertorio vorrebbe, oltre che un’emissione più omogenea, maggiore cura della dizione e del fraseggio.; se il secondo atto ha lasciato piuttosto perplessi e il duetto d’amore è scivolato via senza troppa emozione, nel terzo ha confermato le note doti sceniche cadendo a terra per poi rialzarsi con una grinta insolita (ma di grande efficacia drammatica) per Desdemona e la “Canzone del Salice “ e la sussurrata Ave Maria sono state  ammirevoli.
Lucio Gallo, dopo aver affrontato a lungo ruoli mozartiani, si è rivolto a un repertorio più drammatico e al Covent Garden, dopo il Trittico, è la volta di Iago; di lui si apprezzano doti di fraseggio e canto sulla parola ma la voce è povera di colori e ai fini della meschinità del personaggio le continue smorfie del viso sono superflue. Il giovane Antonio Poli l’avevamo notato l’anno scorso in un ruolo minore a Salisburgo e si riconferma cantante da seguire per piacevolezza timbrica e gusto interpretativo. Tutti giovani gli interpreti dei ruoli minori: bene Hanna Hip (di recente apprezzata nei Troyens, recensione presente nel sito) nel ruolo di Emilia, meno convincente Ji Hyun Kim come Roderigo. Bryan Secombe (Araldo) e Brindley Sherratt (Ludovico) completano adeguatamente il cast.

Un plauso alla direzione di Antonio Pappano, tesissima, incisiva, di grande verità drammatica. La concertazione nervosa e guizzante illumina ogni snodo psicologico senza un attimo di tregua e la partitura verdiana rifulge in tutta la sua modernità. Una direzione incandescente che dona spettacolare violenza alla tempesta iniziale, ma capace di pathos, abbandono e vibrante morbidezza. Buona la prova dell’orchestra, eccellente quella del coro preparato da Renato Balsadonna.

Grande successo per tutti, con particolari ovazioni al direttore.


Visto a London, Royal Opera House Covent Garden, il 24 luglio 2012
 

Ilaria Bellini