"L'uomo dal fiore in bocca" di Pirandello apre la stagione del Teatro Stabile di Genova. Nel cast Gabriele Lavia, Michele Demaria e Barbara Alesse.
La nuova stagione del Teatro Stabile di Genova debutta il 30 settembre al Duse con L'uomo dal fiore in bocca, un testo di Luigi Pirandello che resterà in scena fino al 9 ottobre.
Lo spettacolo affronta tutti temi cari al drammaturgo siciliano: dal tema della morte all’incomunicabilità tra gli esseri umani, dall’uso della maschera alla relatività del reale. Un testo che ribadisce l’interesse, soprattutto negli ultimi anni, di Gabriele Lavia, regista e interprete insieme a Michele Demaria e Barbara Alesse, per il teatro pirandelliano (Tutto per bene, La trappola, Sei personaggi in cerca d’autore).
Tratto dalla novella La morte addosso, L’uomo dal fiore in bocca è un atto unico rappresentato per la prima volta il 24 febbraio del 1922; si tratta di un colloquio fra un uomo che sa di avere solo poco tempo da vivere e uno come tanti: l’Avventore. Molto spesso spiato nei suoi movimenti dalla moglie, il protagonista è un uomo gravemente malato e questa sua condizione lo spinge a indagare nel mistero della vita e a tentare di penetrarne l’essenza. Per chi, come lui, sa che la morte è vicina, tutti i particolari e le cose, insignificanti agli occhi altrui, assumono un valore diverso.
L’altro personaggio, l’Avventore, è un cliente del caffè della stazione, dove si svolge tutta la scena; un uomo qualsiasi, che la monotonia e la banalità della vita quotidiana hanno reso scialbo, piatto e vuoto a tal punto che il dialogo tra lui e il protagonista finisce col diventare un monologo, soprattutto quando quest’ultimo gli rivela il suo terribile segreto.
«Un uomo “un po’ strano”, un uomo “pacifico” e una donna come “un’ombra che passa in lontananza” sono i tre protagonisti del capolavoro di Pirandello, L’uomo dal fiore in bocca» afferma Gabriele Lavia spiegando che «nello spettacolo, il breve “atto unico” è stato interpolato con “pezzi” di novelle che affrontano il tema (fatale per Pirandello) del rapporto tormentato tra marito e moglie che viene visto col distacco di un’ironia che rende i personaggi vicinissimi a noi. Così questa “donna che passa da lontano”, e che forse è il simbolo – lei – di quella “morte” che l’uomo si porta appresso “come un’ombra”, diviene, in questa “drammaturgia”, la protagonista invisibile dei “guai” grandi e piccoli ma pur sempre “inguaribili” dei due protagonisti».
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