Con il regista Jianjun Li l'avanguardia teatrale cinese approda a Vie Festival: dal 21 al 23 ottobre al Teatro delle Moline di Bologna andrà in scena, in prima nazionale, "A man who flies up to the sky". Lo spettacolo, incentrato sul concetto di visione, è una riflessione sulla vita sociale in Cina contemporanea.
VIE Festival continua con una prima nazionale nel segno del teatro cinese moderno: dal 21 al 23 ottobre al Teatro delle Moline di Bologna andrà in scena lo spettacolo A man who flies up to the sky, diretto da Li Jianjun. La drammaturgia è a cura di Zhang Weiyi, la produzione è di Inside-out Theater, New Youth Group, Wuzhen Festival, in scena Gao Wenjun, Jiang Rihua, Li Xiuyi, Tang Ke, Wang Rui, Xiao Jing, Zhang Jiahuai, Zheng Di.
Jianjun Li è un regista teatrale indipendente di Pechino ed è il direttore artistico del The New Youth Group, compagnia fondata nel 2010, il cui nome è stato scelto appositamente per riflettere lo spirito del New Culture Movement del 1915, un influente giornale creato dal professor Chen Duxiu della Peking University e finanziato da intellettuali e studenti progressisti. Jianjun Li, riconosciuto come uno dei principali registi dell’avanguardia teatrale cinese, ha come segno distintivo del suo processo creativo quello di riconsiderare il teatro come mezzo artistico. In Cina ha vinto numerosi premi, tra cui quello come Miglior Regista Emergente nel 2008.
A Man Who Flies Up to the Sky, spettacolo nato nel 2015, è un’opera teatrale sul concetto di visione, che si ispira all’installazione artistica L’uomo che volò nello spazio dal suo appartamento del russo Ilya Kabakov.
Nello spettacolo vengono raccontate molte storie attraverso altrettante fotografie: il percorso dei personaggi e la loro implicita relazione rappresentano il trait-d’union delle fotografie.
Lo spettacolo mostra un collage di ciò che è opposto al “volare in alto”: essere legati, confinati e soffocati. Quarantadue momenti teatrali rappresentano la vita di ogni giorno di un’intera genealogia di donne e uomini, i momenti in cui le persone gestiscono i loro bisogni di base come vestiti, cibo, sesso, conforto fisico, rifugio, e i momenti in cui fanno pace con il loro stile di vita, invecchiando, ammalandosi e morendo.
Otto attori mascherati recitano più di trenta parti. Tutte le azioni in scena, dalla più comune routine al movimento più surreale, sono completate e compresse in uno spazio limitato. Il suono gioca un ruolo narrativo alternativo nello spettacolo. In ogni momento teatrale, il piano visivo è separato da quello uditivo; perciò lo spettacolo visivo privo di suoni è conseguente a quello sonoro, che si svolge nell’oscurità: i personaggi sembrano affetti da “afasia”. Le relazioni di partenza fra i vari personaggi costituiscono la struttura teatrale, mentre l’apparente distanza fra immagine e suono richiede un coinvolgimento attivo degli spettatori per creare collegamenti assolutamente personali fra le fotografie e i personaggi. Le vicende e i protagonisti sono tratti dalla vita reale, la scenografia e gli oggetti di scena sono creati a partire da materiali di uso quotidiano.
L’opera si presenta come un dettagliato distillato di vita quotidiana, l’esperienza quotidiana comune del cinese contemporaneo: solitudine, estasi, intorpidimento, sogni, amore, sofferenza, litigi, ansia, tutto sul palco riporta tracce di vita quotidiana che scorre giorno dopo giorno. Un dramma potente che apre grandi spazi di riflessione, una nuova scoperta del teatro cinese moderno.