Cris è un ragazzo come tanti che, però, una mattina, distratto dai suoi pensieri viene investito da una macchina. Si ritrova a casa, dove la madre – siciliana doc – rifiuta anche solo il pensiero della nuova condizione del figlio, perché non è quello che lei si aspettava per lui, giovane di 27 anni in procinto di sposarsi. Cosa dirà la gente del paese? Come verrà ricordato suo figlio? L’apprensiva madre, che ha cresciuto Cris in mezzo a tanti sacrifici, tenendolo (volutamente) lontano da suo padre, vorrebbe prendere il posto del figlio e morire a sua volta, ma il rapporto tra i due personaggi e talmente asfissiante che Cris (diminutivo di Crisostomo) decide di abbandonare la propria vita.
Dopo la morte del giovane, gli abitanti del piccolo paesino di Duecampane muoiono tutti a causa della peste. Tranne due, ai quali viene concesso di vivere un’ora al giorno per sempre. Uno di questi è Cris, che vive nell’apatia assoluta, pieno di tic, con l’unica aspirazione di diventare un bel giorno un ortaggio, come suo padre. Tutto procede nell’a-normalità più diffusa, finché il giovane non s’imbatte in quella che, in vita, avrebbe dovuto essere la sua promessa sposa; la quale, inspiegabilmente, trascorre la sua unica ora di vita al giorno, dormendo continuamente. I due dialogano e alla fine capiscono di completarsi l’uno con l’altro e di poter vivere un legame ancora più forte di quello che univa madre-figlio. “Per vivere bisogna fare cose da vivi”, ovvero compiere azioni che possano migliorare la propria biografia.
Il duo Maniaci d’Amore (Francesco D’Amore e Luciana Maniaci), ospite per la prima volta al Festival delle Colline Torinesi, dall’11 al 13 giugno, con lo spettacolo Biografia della peste, diretto da Roberto Tarasco, offre al pubblico tre quarti d’ora di divertente ironia, ma anche profonda riflessione su temi quali la vita, la morte, l’autonomia, il proprio percorso in mezzo agli altri.
Due sole persone sul palco riescono a dare il meglio di sé con la sola aggiunta di un frigorifero e di una sedia a rotelle sulla quale è fissata una canna da pesca, dal quale penzola un cavolo.
E proprio il consumo dell’ortaggio da parte dei due protagonisti segna il loro ritorno alla vita.
Applausi a scena aperta per un lavoro brillante dal quale è stato tratto anche un film, che verrà proiettato il prossimo 17 giugno alle ore 20,30 presso il cinema Massimo di Torino.
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