Teatro

MARIBOR, LA FORZA DEL DESTINO

MARIBOR, LA FORZA DEL DESTINO

Verdi era abituato a viaggiare, lo sappiamo, ma la Russia è la Russia. Cioè ben lontana dall'Italia, e ben più fredda. In vista del soggiorno a Pietroburgo per la creazione de "La forza del destino" Giuseppina Strepponi, agendo da brava massaia, pensava già a cosa portarsi al seguito, e soprattutto alle vettovaglie. Dunque eccola scrivere nel maggio 1861 all'amico Mauro Corticelli: «Noi ci fermeremo in Russia circa tre mesi, cioè dal 1 novembre a tutto gennaio 1862 e saremo a mangiare in quattro, due Padroni e due persone di servizio…Potresti fare per noi in proporzione al numero le provviste che fai per [Adelaide] Ristori dei seguenti generi: Riso, Maccheroni, Formaggi, Salumi e quegli oggetti che sai non si trovano in Russia o si trovano ad un prezzo esorbitante. Quanto poi al vino, ecco il numero delle bottiglie e le qualità che Verdi desidererebbe: N. 100 bottiglie piccole Bordeaux per pasteggiare; n. 20 bottiglie Bordeaux fino; n. 20 Bottiglie Champagne».  Sono queste minute noterelle, questi squarci di intimità, a farci amare ancor di più il burbero Cigno di Busseto, chiamato ad affrontare il gelo russo assai di malavoglia, ma almeno a pancia piena. Disagio che dovrà comunque sopportare non per uno solo, ma per ben due inverni a causa dei noti disguidi che fecero slittare la 'prima' della ventitreesima opera verdiana alla stagione seguente, cioè al 10 novembre del 1862. Già partendo da qui, come lavoro teatrale "La forza del destino" s'è conquistato una sua fama sinistra e iettatoria, al punto da dissuadere qualcuno persino a pronunciarne il nome. Fama immeritata che non ha certo spaventato il Teatro Comunale di Firenze che ha prodotto nello scorso novembre tre esauritissime recite, né il Regio di Parma che l'ha posta in cima al suo cartellone 2011. Né ha intimidito altri due teatri che seguiamo volentieri: il Teatro Nazionale Croato I.Zajica di Fiume, dove era in cartellone lo scorso febbraio, ed il Teatro Nazionale Sloveno di Maribor, dove abbiamo assistito allo spettacolo di cui parliamo in queste righe. Due palcoscenici stranieri nei quali, a dispetto dei secondi titoli scritti in cartellone (Moć Subdine/ Moč Usode) ognuno cantava rigorosamente in italiano.
Secondo ed attivissimo teatro della Slovenia, l'SNG di Maribor (che possiede due sale affiancate, una ottocentesca più piccola ed una modernissima, più grande) è una meta abituale per molti melomani austriaci che lo raggiungono con poca fatica, e costituiscono buona parte di un pubblico appassionato ed esperto. Anche per questo motivo, credo, qui si sono abituati a fare le cose assai per bene: ricordiamo due anni fa una "Traviata" di lusso curata da Hugo De Ana e dal nostro Francesco Rosa, e l'ultimo autunno una "Bohéme" molto raffinata del regista Janus Kica, affidata alla sapiente bacchetta di Marko Letonja. Per inciso, con l'inusitata proposta di eseguirla tutta d'un fiato, senza nessuna pausa. Un bel 'tour de force' per tutti, pubblico ed artisti.
Pure questa edizione de "La forza del destino" ha portato con sé una disposizione abbastanza originale: regista e direttore hanno consensualmente deciso di aprire l'opera con il breve Preludio della prima versione di San Pietroburgo, quindi presentare il primo atto e solo dopo la classica Sinfonia scaligera del 1869, animando la sua esecuzione con una serie di 'slides' dall'intento narrativo che colmavano l'arco temporale tra i primi due atti, eseguiti quindi uno di seguito all'altro. Peccato che la partitura del Preludio non sia pervenuta in tempo utile per le prime recite, e quindi sia mancato in parte l'effetto voluto, decisamente interessante. Meno apprezzabile un leggero spostamento del "Rataplan": valido forse sul piano del racconto, poco convincente dal punto di vista musicale.
Il giovane regista fiorentino Pier Francesco Maestrini ha molto fatto parlare di sé con un "Attila" presentato a Busseto, nel contesto dell'ultimo Festival Verdi. Come regista è ancora un esordiente, ma mi sembra segua molto la recitazione dei cantanti che si trova affidati. Però è soprattutto un ingegnoso utilizzatore delle proiezioni video tridimensionali che se ben studiate, e realizzate con cura, sostituiscono adeguatamente (ed anzi spesso superano in effetto finale) i soliti e tradizionali progetti scenici. Senza contare il considerevole risparmio sui costi. Dunque, anche per questa "Forza del destino" ha deciso di circondare i pochi, indispensabili apparati strumenti scenici - come il grande Crocifisso nella scena del convento - con immagini di grandissima suggestione, sempre mutevoli e sempre della massima efficacia. Montagne dai dirupi scoscesi, rossastri campi di battaglia, severi interni di chiesa, rovinose ed umide muraglie conventuali: ambientazioni di grande fascino, sempre perfettamente rispondenti alle esigenze del racconto. Naturalmente contava il forte gioco di squadra: Juan Guillermo Nova si è occupato delle scenografie, e con Gregor Mendaš delle video proiezioni; Luca Dall'Api ha disegnato con grande fantasia bellissimi costumi di taglio tradizionale; Matilde Rubio ha curato vivaci coreografie e Pascal Mèrat ha creato intensi giochi di luce. 
Sul palco agiva una affiatata compagnia, encomiabile a partire dai due protagonisti della vicenda. Brillava per robustezza del canto e bel colore timbrico, e per una naturale freschezza ed eleganza di fraseggio Renzo Zulian (Alvaro), che sta diventando di casa nel teatro sloveno; non era da meno Irene Ratiani - qualcuno la ricorderà in un Otello rossiniano di Martina Franca - soprano georgiano che se pur non possiede la smaltata bellezza e quel timbro aereo che vorremmo per la parte di Leonora, nondimeno sa impiegare bene le sue risorse in un ruolo così arduo. Giocando con intelligenza sul versante interpretativo le sue carte, ha superato il micidiale susseguirsi di tranelli verdiani, dall'aria e duetto del primo atto alla Preghiera, da  "Madre pietosa Vergine" al duettone con il Padre Guardiano, sino ai temibili ppp de "La vergine degli angeli". Brava, brava, non c'è che dire. Il giovane baritono macedone Marjan Jovanoski presentava un Carlo impetuoso e dal sangue bollente; notiamo con piacere che il fraseggio nervoso e intriso di enfasi - come la parte richiede - era unito ad una convincente vocalità, molto ben studiata e soppesata; notevole il calibrato discorrere delle frasi,  positiva anche la limpidezza della pronuncia. Dote questa che mancava invece al basso ucraino Valentin Pivovarov: provveduto di voce molto importante, salda anche nelle note più gravi, ma incapace di scandire con necessaria chiarezza d'emissione sia le parole del Marchese di Calatrava, sia le severe raccomandazioni del Padre Guardiano ne "Il santo nome di Dio Signore". Il mezzo soprano bulgaro Irene Petkova - vocalità luminosa e di buon spessore - ha consegnato una Preziosilla dal carattere malizioso e piccante, ben inserita in scena; il baritono sloveno Jaki Jurgec ha disegnato con buona cura - e senza esagerare in buffonerie - un Melitone brontolone e divertente;  molto bene il Trabuco di Dušan Topolovec; Valentina Čuden era Curra, Sebastijan Čelofiga l'Alcade. Ottima la prestazione del Coro.
"La forza del destino"è un'opera dal carattere non poco frammentario, in cui la scarsa logica del racconto è tenuta insieme solo dall'inestricabile legame che rinserra ed avvince ogni personaggio all'altro. Per dire, l'ostinazione odiosa con cui Don Carlo insegue Don Alvaro, richiama la stessa assurdità patologica che lega i due tenenti ussari - l'istintivo Feraud e l'aristocratico D'Hubert - del racconto "I duellanti" di J. Conrad, trasformato in magnifico film da Ridley Scott, attraverso i campi di battaglia delle guerre napoleoniche. La direzione di Marco Beomi seguiva il labile filo narrativo del Piave cercando di collegare con intelligenza i numeri di un'opera di per sé centrifuga; e lo ha fatto con garbo e una buona dose di assennatezza, ed una nitida bellezza strumentale raggiunta anche per l'efficienza dell'Orchestra di casa. Buon rapporto con i cantanti, cercando di assecondarli nei momenti lirici; salde le grandi scene di massa, fluide e ben disegnate. Ma un pochino di più impulso nervoso, in certi passi, per me non avrebbe guastato.
Il corpo di ballo di Maribor possiede una sua salda tradizione, ed ha dimostrato anche in questa occasione la sua bravura: i solisti erano Tijuana Križman, Matjaž Marin e Catarina de Meneses.
Nelle recite si avvicendavano anche il nostro Miro Solman (Alvaro), Jamina Trumbetas (Leonora), Velentin Enčev (Don Carlo) Salvko Sekulić (Padre Guardiano).