Il 29 dicembre prenderà il via a Catania la prima rassegna di teatro sperimentale 'food-concept', un progetto innovativo ospitato dal Piccolo Teatro della Città di Catania ed organizzato dall'Associazione Città Teatro diretta da Orazio Torrisi, insieme con l'Associazione culturale NORA 2.0 presieduta dall'attrice Valeria Contadino, con il supporto di aziende ed onlus locali.
Quante volte capita di associare, per analogia, il gusto di una particolare pietanza ad un momento specifico della nostra esistenza, riportando così alla mente sensazioni, stati d’animo, ricordi che avevamo temporaneamente lasciato in secondo piano, dimenticati nei cassetti della memoria?
La rassegna sperimentale Monofest. Foodtheatre, Teatro da gustare, al Piccolo Teatro di Catania da dicembre 2016 ad aprile 2017, sfruttando proprio i meccanismi sinestetico-evocativi attraverso cui lavora la nostra mente, tenterà di produrre in scena cinque performance teatrali assolutamente uniche, caratterizzate dal significativo accostamento tra testi originali o nuove riletture di celebri autori, un intenso lavoro interpretativo-attoriale, il collegamento, ogni volta diverso, tra lo spettacolo in scena ed un particolare alimento che il pubblico potrà degustare prima, dopo e durante lo spettacolo.
Presupposto di questo originale progetto cultural-enogastronomico, il concetto assodato che il cibo, dagli albori dell’umanità, non rappresenti soltanto un’esigenza fisiologica da assolvere in fretta e senza cura, costituendo esso -al contrario- un’importante occasione di convivio, di piacere, di soddisfacimento del desiderio, e pure un pretesto per meditare e sognare un po’: stati d’animo comuni, sensazioni intense, che i protagonisti di Monofest, secondo un percorso inverso, tenteranno di suscitare nei fortunati spettatori, così da «restituire un aroma alle parole della nostra vita», autentico motto della manifestazione.
Al debutto, nei primi appuntamenti, rispettivamente il 29 dicembre e il 12 gennaio p. v., alle 21, due prime assolute, accomunate dall’esplicita tematica culinaria: Monologhi di una caffettiera, di e con Valeria Contadino, trasposizione scenica fedele dell’omonimo, ultimo lavoro della scrittrice Lia Alibrandi; e Significar Mangiando, con Edoardo e Silvia Siravo, impegnati nella drammatizzazione di pagine indimenticabili della letteratura italiana.
Anche le caffettiere possiedono anima e personalità: lungi dall’essere mere suppelletili da cucina, ci suggerisce l’autrice Alibrandi, esse partecipano dei momenti significativi della nostra vita, spesso consumatisi nel volgere di un caffè. Che, con i preziosi rituali connessi alla sua preparazione e consumazione, rappresenta ben più di una semplice bevanda aromatica e tonificante: per lo più un pretesto, da intenditori, per riflettere, riprendere contatto con se stessi e proseguire con energia. La Moka, insomma -questo il nome della protagonista narrante, umanizzata da Valeria Contadino- riflette gioie e tristezze dei suoi utilizzatori abituali, specie se femminili: come più spesso accade alle donne, anch’essa si trova costretta a ripetere sempre le medesime, logoranti azioni, ingabbiata nella monotonia di una routine senza prospettive, paga di quella che la stessa Alibrandi definisce una «felicità imperfetta», derivante dal sapersi accontentare del momento transeunte piuttosto che dal perseguimento di un’ambizione.
Emblematico rispetto al filo conduttore di Monofest, pure Significar Mangiando, viaggio narrativo-teatrale nei brani letterari che celebrano l’esaltazione per la buona cucina: le celebri Seppie con i piselli di Achille Campanile, inno all’alchimia tra mare e terra, e il passo de La cura dell’uva in cui si descrivono i benefici effetti connessi all’assunzione di melone e prosciutto, toccasana naturale più potente di un analgesico. Si prosegue poi con il gattopardiano, succulento timballo di maccheroni gratinati, per approdare all’accoppiata seduzione & golosità, su cui si basa la lirica Le golose di Gozzano, un poeta intenditore del buon vivere, a dispetto di quanto potrebbe comunicare certa sua produzione etichettata come ‘crepuscolare’. Completano il quadro molte altre leccornie letterarie, tutte da scoprire.
Sempre alle ore 21, un giovedì al mese, da febbraio ad aprile, si susseguiranno le altre tre rappresentazioni, come le precedenti, tutte repliche uniche: il 2 febbraio sarà la volta di Molière immaginario, di e con Ivan Bellavista, Sandra Conti, Matteo Di Girolamo; il 16 marzo p. v. toccherà a Famosa, pièce di e con Alessandra Mortelliti, seguita il 27 aprile 2017, a chiusura della rassegna, da Odissea-un racconto mediterraneo Canto IX- Il Ciclope, con Mario Incudine, musiche di Antonio Vasta e regia di Sergio Maifredi.
Molière immaginario, già passato agli annali per l’exploit di pubblico e critica nella stagione 2014/15 al Teatro dell’Orologio di Roma, è un’incursione nell'immobile mondo teatrale del grande commediografo francese, compiuta con il preciso intento di destrutturarlo dall’interno. Ci si ispira, cioè, ad alcuni tratti caratteristici dei personaggi del Don Giovanni, in questo caso, per farne altro, un affresco della società contemporanea, una personalizzazione assoluta del potente terzetto sul palco: un modo per liberarsi, in un sol colpo, di vincoli e limiti imposti dall’autore, dal testo, dall’impaccio dei costumi, infine dalla fedeltà ai precetti della regia.
Toccante manifesto di lotta in nome dei diritti civili, Famosa ripercorre il duro cammino, compiuto da un giovane della periferia ciociara, verso il raggiungimento della giusta identità sessuale, di modo che corpo e mente si corrispondano. Nato in una famiglia problematica con un padre violento, in un contesto di disagio sociale generalizzato, Rocco impara presto che la società opulenta e democratica solo in apparenza del mondo sviluppato, a quelli come lui, non lascia scampo: il possibile riscatto risiede allora solo nell’adeguamento agli schemi di vita imperanti, nella fuga dall’ignoranza dei luoghi natii verso un mondo -quello dorato della televisione- non meno barbarico, seppure sotto altri versi.
A suggello della carrellata, non può mancare Odissea-un racconto mediterraneo, una riscrittura cantata e drammatizzata dal poliedrico Mario Incudine, con musiche originali di Antonio Vasta, del celebre canto IX del poema omerico; un’opera monumentale che anticipa, per contenuti e tecniche narratologiche, espedienti degni dei più scaltriti compositori contemporanei: flashback, uso relativo della dimensione spazio-temporale, racconto nel racconto, etc. Il canto in questione è quello in cui Ulisse compie il suo primo ‘cunto’ (nell’accezione tecnica di ‘racconto orale ritmico-cadenzato in presenza di un uditorio’, per lo più di tradizione siculo-mediterranea): quando cioè racconta alla corte del re Alcinoo le sue peripezie per sfuggire al Ciclope Polifemo e a morte certa. Un inno alla meraviglia dell’intelligenza e al valore dell’accoglienza, di contro a forza bruta e crudele violenza, nella cui traduzione dal greco antico si cimentarono pure Sbarbaro e Pirandello, -non a caso- a ridosso delle due guerre mondiali: di tutto questo Incudine riesce a fare qualcosa di nuovo, un prodotto artistico del tutto originale, in una coinvolgente versione a metà strada tra il cunto classico ed un musical dei giorni nostri.