Si ricompone per l’ennesima volta la Compagnia dei Legnanesi che, come un’araba fenicia, continua a raccontare storie allegre, un po’ retro’ ma tanto dolci di gente che vive in una provincia ormai dimenticata. Ci sono i cortili abitati da famiglie scombinate e gente che in fondo se può si dà una mano; la chiamavano ‘vita di ringhiera’, riferendosi alle abitazioni collegate da lunghi ballatoi recintati da ringhiere. Questa commedia musicale con dodici attori, come si legge sulla locandina del Teatro San Babila, che li ospita fino al 4 novembre a Milano, gode di un testo scritto originariamente da Alvaro Testa, il primo sceneggiatore e autore della prima Compagnia fondata a Legnano a cavallo tra la fine degli anni ’40 e i primi ’50, quando l’Italia si risollevava lentamente dall’ubriacatura della seconda guerra mondiale. E il mal di testa doveva essere forte.
Niente di meglio, allora, che cercare di recuperare un po’ di buoni sentimenti con battute leggere, comprensibili anche a chi non aveva neppure visto i banchi di scuola, troppo occupato per anni a schivare bombe o a tirare a campare. Che fossero tutti uomini a travestirsi da donna sul palcoscenico fu un’idea del geniale Felice Musazzi, che pensò bene di recuperare bande di amici sacrificati all’oratorio, unico luogo di svago e aggregazione, specie in provincia. Gli attori della Compagnia dei Legnanesi non avevano potuto frequentare scuole di teatro eppure riuscirono a mettere insieme elementi di satira e autoironia tali da produrre un’irresistibile comicità. Felice Musazzi impersonò per anni il ruolo della mitica Teresa, oggi sul palco grazie ad Antonio Provasio, mentre la figlia Mabilia era interpretata dal bel Barlocco Antonio, che fece strage di cuori per decenni.
Oggi la Mabilia è interpretata al San Babila da Enrico Dalceri. Uno dei pochi maschi in scena, vestito da uomo, è il marito di Teresa, Giovanni, oggi Luigi Campis. Anche il testo ha subito delle modifiche, ritenute suppongo utili a modernizzare o attualizzare la storia ma, a mio avviso, gli originali sono sempre meglio. Resta una serata da cui si esce a metà tra l’allegria e una certa nostalgia di qualcosa che non ci sarà mai più, ma che era sicuramente bello. Eppure forse no, chi può dirlo? Intanto ci si diverte e si ammirano quantità di costumi sorprendenti e scene da mozzafiato. Il palco del San Babila sembra un po’ piccolo, dopo aver visto i Legnanesi sul grande proscenio dello Smeraldo, ma gli attori si adattano e così fanno gli spettatori, soddisfatti di farsi qualche risata senza troppi problemi e rispolverando un po’ di autentico dialetto.
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