Teatro

Orestea di Eschilo: la potenza contemporanea di un grande classico

Orestea
Orestea © Giulio Favotto

La Compagnia Anagoor porta in scena anche in questa stagione teatrale la  sua personalissima interpretazione del capolavoro greco. Debutto al Teatro Goldoni di Venezia.

Visioni affascinanti e contemporanee, immaginario inedito e potente, che mescola canto, orazione e danza al sapiente utilizzo del video in scena. E’ l’Orestea: Agamennone / Schiavi / Conversio che la compagnia trevigiana Anagoor, vincitrice del Leone d’Argento alla Biennale Teatro 2018, presenta dal 7 novembre al Goldoni di Venezia, per toccare altre città italiane.

Lo spettacolo è coprodotto dal Teatro Stabile del Veneto e si avvale della drammaturgia di Simone Derai e Patrizia Vercesi, autori anche della traduzione dal greco.

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Contaminazioni

L’Orestea di Eschilo è l’unica trilogia tragica a essere giunta completa fino ai giorni nostri dal V secolo a. C.: Agamennone, tornato a casa dalla guerra di Troia, è ucciso dalla moglie Clitemnestra e vendicato dal figlio Oreste, a sua volta giudicato dalle Erinni vendicatrici che si tramuteranno infine in Eumenidi. Una saga cruenta dettata dalla cultura della vendetta e dalla brama di potere. La ricchezza ricavate dalla conquista di Troia è pagata con il sangue. 

Il lavoro sul testo

La Compagnia Anagoor lavora sul testo greco inizialmente assunto nella sua integralità, per poi condensarne ed espanderne i nuclei fondamentali fino a tradirlo, affiancandolo o sostituendolo con un arcipelago di altri testi tratti da autori quali Quinzio, Severino, Givone, Sebald, Leopardi, Ernaux, Broch, Virgilio, Arendt e Mazzoni.

Il risultato è quello di un’opera sull’Orestea più che di una sua riduzione, frutto di un’immersione bruciante nella poesia e nel pensiero filosofico di Eschilo. Un lavoro che, in un tempo in cui il discorso politico tende alla semplificazione e allo slogan, rinnova le domande sul senso della vita, della morte e della giustizia accompagnando lo spettatore al cospetto dell'antico attraverso lo sguardo vivo e vivificante del teatro. 

La saga degli Atridi, dunque, come riflessione sul male e sulla violenza, sul senso della vita, della morte e della giustizia ma anche sul ruolo e sui limiti dell’arte.
 

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