Ritorna l'Opera di Eschilo con la regia di Davide Livermore, andata in scena nel 2022 al teatro Greco di Siracusa. Uno spettacolo con 35 attori in scena.
L'Orestea di Eschilo: il colossal classico firmato da Davide Livermore e portato lo scorso anno da INDA Fondazione al teatro Greco di Siracusa, torna in scena a Genova e a Torino. Si tratta di una produzione imponente, realizzata dal Teatro Nazionale di Genova in collaborazione con la fondazione siciliana, l'Istituto nazionale del dramma antico.
In scena ci sono trentacinque attori, cui si aggiungono un'altra ventina di persone per le scene, le luci, i costumi, altri tecnici e maestranze necessarie a portare in teatro una macchina scenica elaborata e complessa.
GLI SPETTACOLI
IN SCENA IN ITALIA
Lo spettacolo sarà al Teatro Ivo Chiesa di Genova dal 14 marzo, poi andrà al Teatro Carignano di Torino dal 28 marzo. L'Orestea di Eschilo, scritta nel 458 avanti Cristo, è un ciclo composto da tre tragedie: Agamennone, Coefore ed Eumenidi. Livermore ha spezzato il ciclo in due spettacoli distinti: prima l'Agamennone, poi Coefore/Eumenidi.
Gli spettacoli andranno in scena separatamente, ma in alcune date sarà possibile assistere al ciclo completo, una vera maratona teatrale: in tutto, saranno quattro ore e mezza di spettacolo per le tre tragedie.
La scena sarà dominata da un'abbacinante parete a specchio, mentre il tutto sarà sormontato da un ledwall di oltre 50 metri quadrati che Livermore ha già utilizzato in altre produzioni genovesi. L'Orestea è l'unica trilogia tragica del teatro greco antico giunta integra fino a noi, qui nella nuova traduzione di Walter Lapini. Livermore nel 2022 aveva già portato l'Orestea al Teatro Greco di Siracusa, ma questo allestimento è stato ulteriormente ampliato e perfezionato.
Cast livermoriano collaudato
Nel cast ci sono nomi abituati a lavorare con Livermore: tra gli altri Laura Marinoni, Sax Nicosia, Giuseppe Sartori, Gaia Aprea, Giancarlo Judica Cordiglia, Linda Gennari, Maria Grazia Solano, Anna Della Rosa, Stefano Santospago, Olivia Manescalchi.
La trama è nota. Agamennone torna ad Argo vittorioso dalla guerra di Troia: ha le mani sporche di sangue, ed è responsabile del sacrificio della figlia Ifigenia. La moglie Clitemnestra lo uccide per vendetta, con la complicità del suo amante Egisto.
Passano dieci anni. Oreste, figlio di Agamennone, sobillato dal dio Apollo compie un matricidio: uccide prima Egisto e poi la madre Clitemnestra. Contro Oreste si scatena l'ira delle Erinni che iniziano a perseguitarlo. A risolvere la situazione è la dea Atena, che istituisce il primo processo della storia. Oreste viene assolto: le furiose Erinni non possono che prendere atto della superiore volontà divina e si trasformano quindi nelle benevole Eumenidi.
«Giustizia è l’idea fondamentale della trilogia e attorno alla quale gira tutta la storia dell’uomo – afferma Davide Livermore - Una giustizia i cui labili confini vengono costantemente messi in discussione. Perché se è vero che Eschilo con Orestea racconta il passaggio dalla legge del taglione alla giustizia amministrata da un tribunale, allo stesso tempo ne mette subito in evidenza i limiti, descrivendo un processo falsato, in cui l’avvocato di Oreste è lo stesso dio Apollo e con il voto della dea Atena determinante per l’assoluzione finale”.
Il parallelo con Mafalda di Savoia
La tragedia è classica, ma nell'allestimento rimanda all'età moderna. I costumi di Gianluca Falaschi suggeriscono un'epoca compresa tra il 1930 e il 1940. Livermore nelle note di regia fa riferimento alla tragedia di Mafalda di Savoia, morta in un campo di concentramento tedesco, tracciando un parallelismo tra lei ed Ifigenia.
Le musiche composte da Mario Conte e Andrea Chenna, le luci di Marco De Nardi che colorano di sangue il palcoscenico e le luttuose figure del coro ricreano l’immagine di una società sull’orlo del tracollo.
«La narrazione di questa vicenda è vicina ai nostri tempi. Abbiamo la responsabilità di dare vita alle parole della tragedia, che racconta le umane fragilità - continua Livermore - In un momento storico come questo, mentre una guerra rimbomba alle porte dell’Europa, il teatro deve porsi l’obiettivo di ricreare la comunità. Diciamo agli spettatori: quel che state guardando ci riguarda, sta parlando di noi».