Questa mostra è stata pensata per colmare una lacuna, un vuoto di cui il visitatore del Palazzo Ducale di Urbino non percepisce immediatamente la portata: forse, entrando dal cortile d’onore nella sala al piano terreno che ospitava i preziosi volumi, avverte la mancanza di qualcosa di molto importante, ma, distratto dalla meravigliosa architettura del palazzo e dalle opere d’arte della Galleria Nazionale perde il senso di qualcosa di centrale nel disegno colto di Federico, la sua preziosa biblioteca, il gioiello del palazzo urbinate del duca. Alla morte di Federico nella biblioteca erano conservati novecento codici, numero incredibile per l’epoca e di valore incalcolabile (superiore a quello delle pur preziose suppellettili del palazzo), una delle più importanti collezioni private di manoscritti miniati del Quattrocento, superando per quantità e qualità le raccolte contemporanee dei Medici e degli Sforza.
Dopo la morte di Federico, la biblioteca fu difesa dagli attacchi esterni ed arricchita dai duchi fino a Francesco Maria II che la lasciò alla città di Urbino (nell’inventario i volumi erano 1.760): descritta come “sporca e abbandonata”, la biblioteca era considerato un “lusso da principi” che il consiglio cittadino non poteva permettersi, anche a fronte delle richieste del papa regnante sul ducato, Alessandro VII Chigi, che la voleva acquistare e al quale era difficile dire di no. Così il papa Chigi con “motu proprio” del 7 agosto 1657 ratificò l’acquisto e il successivo 25 ottobre, giorno di pioggia, avvenne il trasferimento a Roma. Nei patti si stabiliva che un giovane urbinate dovesse lavorare nella Biblioteca Vaticana a custodia del fondo e così è stato fino a Luigi Michelini Tocci, a cui la mostra è dedicata.
Della biblioteca di Federico si conoscono tutti gli arredi, la disposizione, le dimensioni, l’aspetto esteriore e il contenuto di quasi tutti i manoscritti. Oggi i computer permettono di accedere al fondo trasferito su supporto informatico, pratico per la consultazione. Ma riportare nel palazzo lo splendore delle pagine miniate aiuta i visitatori a comprendere meglio la grande importanza culturale del palazzo-contenitore, oggi privo degli arredi originari, che non può testimoniare solo con la sua irripetibile architettura il ruolo di faro della cultura che rivestiva durante il governo del duca Federico.
A 350 anni dal trasferimento presso la Biblioteca Apostolica Vaticana, la biblioteca dei Duchi di Urbino fa quindi ritorno nelle stanze che l'hanno vista formarsi. La mostra illustra la personalità di Federico di Montefeltro come principe umanista, committente di manoscritti ed ispiratore della collezione di “ornatissimi codici”, capolavori miniati la cui visione è abitualmente riservata ai soli studiosi. Testi sacri, Padri della Chiesa, letteratura classica, opere umanistiche e tecnico-scientifiche componevano la collezione e sono presenti in mostra: per fruire al meglio questi capolavori delicatissimi, a fianco degli originali nelle teche è possibile sfogliare perfetti fac-simile ed è altresì possibile effettuare una visita virtuale nella biblioteca com'era nel 1487.
Urbino (PU), Galleria Nazionale delle Marche, fino al 27 luglio 2008, aperta lunedì dalle 8,30 alle 14, da martedì a domenica dalle 8,30 alle 19,15, ingresso euro 8,00, catalogo Skira, infoline 0722.322625.
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