Teatro

PARIGI, Armide

PARIGI, Armide

Parigi , Théâtre des Champs Elysées, “Armide” di Jean–Baptiste Lully SOGNANDO ARMIDA Armide (1686) è una tragedia in musica frutto dell’ultima collaborazione fra il poeta Philippe Quinault e Jean–Baptiste Lully ed è considerata il loro capolavoro per la perfezione con cui si fondono danza, musica, poesia e azione. Il soggetto, ispirato alla Gerusalemme liberata, fu scelto dallo stesso Luigi XIV e il personaggio di Rénaud, il valoroso crociato che riesce a sottrarsi al fascino di Armida per inseguire la gloria, è un esplicito omaggio al Re Sole, che però, divenuto devoto, non assistette a nessuna rappresentazione, segnando il crepuscolo del musicista di corte. L’opera ebbe grande successo e diffusione ed il merito di fare diventare la tragédie – lyrique il genere più rappresentativo dell’opera francese. Al Théâtre des Champs Elysées Armide ha ritrovato i suoi fasti in una nuova produzione dal team accattivante, in cui gli specialisti barocchi per eccellenza, Wiiliam Christie e les Arts Florissants, danno vita con Robert Carsen e il coreografo-performer Jean-Claude Gallotta a uno spettacolo che lascia il segno, ironico ma anche molto poetico, che spazza via gli aspetti più esteriori e polverosi del barocco preservandone l’essenza. Il prologo introduttivo, una lunga dissertazione fra le figure allegoriche Gloria e Saggezza sui meriti del Re, è risolto con la proiezione a tutto campo di un video di turisti-ballerini che durante la visita di Versailles si abbandonano alla danza sotto gli occhi di una guida, la stessa che mostra il video al pubblico in sala e che interpreta la Gloria. Una mise-en- abyme divertente che scatena un gioco di doppi, di scambi e di echi, con i coristi che si mischiano al pubblico generando scompiglio mentre sullo schermo un turista esausto (Paul Agnew, l’interprete di Rénaud) non resiste alla tentazione di provare il letto del Re, si addormenta sfiorando i broccati e sogna una sala raffinata ed essenziale in cui troneggia, oltre una balaustra di colonne argentee, un letto a baldacchino dai veli fruscianti: il palazzo di Armida. La scena di Gideon Davey si declina su toni metallici del grigio con giochi di luce che diffondono tonalità bronzee e dorate per suggerire il mondo sensuale di Armida e rammentare, se pur stilizzati e privi di una caratterizzazione temporale, gli splendori di Versailles. I crociati si svestono dagli eleganti abiti argentei trasformandosi, complice il contrasto cromatico, in demoni in sottoveste rossa, replicanti maschili e femminili di Armida, ambigui e incantatori, che sfilano con movenze ipnotiche sul palcoscenico lasciando cadere boccioli di rose profumate per addormentare l’eroe. Come già nell’Alcina presentata all’Opéra Garnier, Carsen costruisce la regia intorno al dramma di Armide, femme fatale che, una volta innamorata, non può più accettare un amore di finzione frutto della magia e, sola e abbandonata, suscita simpatia e commozione. Privilegiando l’evoluzione psicologica della protagonista, Carsen trascura la componente magico–sovrannaturale e riduce la portata narrativa degli accadimenti, ma tocca il cuore dello spettatore, dando pieno risalto emotivo agli straordinari (e attualissimi ) versi di Quinault sulle dinamiche della passione. Nessun crollo del palazzo di Armida, piuttosto il suicidio sul letto o in una chiave più ironica il brusco risveglio del turista trascinato via dalle forze dell’ordine. La coreografia moderna e stilizzata di Jean-Claude Gallotta ha una precisione che ben si addice al contrappunto barocco di cui segue la progressione timbrica con movimenti parossistici e ripetitivi. GaIlotta ha creato a priori delle sequenze in seguito adattate alla musica e alla regia, per cui la danza può essere presa come forma artistica autonoma, ma anche inserirsi nella messa in scena per tradurre i vari momenti musicali e narrativi. Straniante e riuscita la danza in play back del prologo, in cui i turisti sedotti dalla bellezza della reggia accennano passi di danza e controdanza per poi invadere in modo sempre più vorticoso tutti gli spazi della reggia, correndo e danzando nelle geometrie dei giardini che richiamano graficamente i movimenti sincopati dei bravissimi ballerini del Groupe Emile Dubois. L’ottimo cast di specialisti di questo repertorio si distingue, più che per bellezza vocale, per l’omogeneità, la dizione e l’eccellente declamazione, che danno pieno risalto ai versi e alle intonazioni proprie della lingua francese. Stéphanie d’Oustrac rende in modo tragico ed espressivo tutte le sfaccettature di Armide, donna appassionata e fiera, languida e incantatrice, tormentata e vinta. La voce non ha grande estensione, ma si presta alla declamazione intonata e la presenza scenica incandescente unita a un’allure da “grande tragicienne” coinvolge e seduce. Degno di nota Paul Agnew nella parte di Renaud per le eccellenti musicalità, eleganza e chiarezza. Nathan Berg è un Hidraot altero, Laurent Naouri conferisce all’Odio una presenza inquietante e buona espressività vocale. Corretti ma piuttosto anonimi Marc Mauillon nella parte di Aronte e Marc Callahan in quella di Artémidore. Claire Debono è una Gloire in tailleur , ma impersona anche Phénice e Lucinde, mentre  sabelle Druet è una Sagesse impeccabile e al tempo stesso una lasciva Mélisse. William Christie valorizza al massimo ogni increspatura, facendo scaturire la tensione e l’inquietudine che pervadono l’opera, accompagnando e sostenendo con un'orchestra particolarmente duttile le esigenze della declamazione e del canto. Les Arts Florissants sfoggiano tanti colori e rendono viva, mobile, struggente la partitura con un suono che seduce per sensualità e lucentezza. E proprio il suono così morbido e avvolgente, contro ogni stereotipo di “secchezza “ barocca, è la grande magia di questa Armida. Alla fine grande entusiasmo, ovazioni a William Christie e alla protagonista, qualche contestazione a Carsen da parte del pubblico più nostalgico legato alla tragedie- lyrique tutta cipria e parrucca, ma alla corte di Versailles la “Fronda” fa parte del gioco. Visto a Parigi, Théâtre des Champs Elysées, il 10/10/08 Ilaria Bellini