Teatro

PARIGI, Dido and Aeneas

PARIGI, Dido and Aeneas

Parigi, Opéra Comique, “Dido and Aeneas” di Henry Purcell LA DOPPIA SEDUZIONE DI DIDONE Come opera inaugurale di stagione l’Opéra Comique propone la breve (ma in doppia programmazione quotidiana) Didone ed Enea nella produzione creata da Deborah Warner nel 2006 per le “Wienerfestwochen” con lo stesso cast e la stessa compagine orchestrale. Quest’ opera pur rientrando nel genere inglese del “masque”, forma di intrattenimento di corte con musica, danza, pantomima su soggetto mitologico dalla trama piuttosto semplificata, possiede un taglio melodrammatico e una coerenza tonale che l’avvicinano all’opera francese e, a differenza di altre composizioni di Purcell, non cadde nell’oblio affermandosi come il suo capolavoro per efficacia drammatica e qualità musicale. Deborah Warner si è accostata solo di recente al mondo dell’opera e la sua frequentazione con Shakespeare risulta evidente anche in questo spettacolo dall’approccio molto teatrale, dove è evidente il gusto per la parola pregnante e il coesistere di serio e comico, sublime e farsesco. Il prologo (composto da Purcell, ma mai pervenuto) è qui risolto con l’introduzione di testi moderni di Ted Hugues, Thomas Eliot e W.B. Yeats, recitati da Fiona Shaw, l’attrice irlandese con cui la regista collabora regolarmente. Anche se i versi non hanno attinenza con l’opera, l’attrice in jeans e corsetto nero, sola sul palco con una spada di legno in mano, trasmette con un’interpretazione vibrante tutta l’essenza della fragilità femminile, istituendo un rapporto con la figura di Didone e, grazie al naturale magnetismo, crea concentrazione e un senso di attesa. Prendendo spunto dalla tradizione secondo cui la prima rappresentazione di Didone ed Enea avvenne in un pensionato femminile di Chelsea nel 1689, la regista inserisce una ventina di bambine vestite da collegiali, presenti sulla scena prima dell’inizio dello spettacolo per “provare“ danze e movimenti ma anche per correre e giocare. I loro movimenti risolvono il problema delle danze, talvolta si armonizzano nel contesto, ma spesso sono assolutamente casuali. La regia adotta diversi livelli narrativi: il prologo in forma di monologo, il coro “muto” delle collegiali, il coro propriamente detto in abiti comuni seduto su di una panca a un lato della scena, i protagonisti vestiti in eleganti costumi settecenteschi, il mondo delle streghe fra farsa e vaudeville. Elementi eterogenei e stilisticamente diversi coesistono e generano uno spettacolo vario e convincente che conserva un’unitarietà di fondo, merito anche dell’impianto scenico di Chloe Obolensky, semplice ed elegante, che, pur ricordando allo spettatore che tutto ciò che si vede è solo teatro, ricrea con pochi elementi un décor raffinato e credibile. Oltre un sipario di perline argentee s’intravedono rami frondosi e un’elegante facciata barocca formata da quinte girevoli che diventano pareti di mattoni rossi tipicamente inglesi. Al centro del palcoscenico c’è un mosaico in stile pompeiano dove le bambine prima dell’inizio dello spettacolo simulano per gioco la morte di Didone, un mosaico a scomparsa che scopre una fonte d’acqua vera in cui Didone immerge le gambe nude per rievocare il bagno di Diana, mentre il coro e gli altri personaggi stendono per terra teli su cui si adagiano in un languido “déjeuner sur l’herbe” intonando “Thanks to these lonesome vales” . Un albero dalla vela latina arrotolata è sospeso a metà della scena e lungo le funi si arrampicano acrobati (i marinai di Enea ) dai corpi che s’intrecciano con fantasiose evoluzioni nel vuoto. L’avvenente Malena Ernman è una Didone nobile e altera (non per questo meno espressiva), dal sontuoso registro centrale e dalla linea di canto impeccabile. La cantante trionfa nel lamento finale struggente e vibrante proprio per la sua tragica compostezza. Nonostante la parte sia breve, Christopher Maltman incanta per la bella voce profonda e il fraseggio sfumato, ma anche per la presenza forte e sensuale. Judith van Wanroij è una dolce e sensibile Belinda mentre Hillary Summers è una strega sopra le righe dalla voce volutamente sgraziata all’insegna del grottesco. Spiritose e triviali le altre due streghe, Céline Ricci e Ana Quintans, che creano una situazione giocosa in cui si mescolano le bambine irriverenti che si divertono a spaventare anche le streghe. William Christie offre una direzione fluida e luminosa, piena di energia e lirismo, frutto di una lettura sensibile e partecipe che traduce l’empatia del direttore per le sorti della protagonista. Il complesso Les Arts Florissants seduce per morbidezzadi suono e sfarzo di colori in un’esecuzione pulsante e naturale in piena sintonia con quanto avviene sul palcoscenico. Grande successo di pubblico, tutte le repliche esaurite per uno spettacolo che piace e seduce e la doppia programmazione è una tentazione a nascondersi fra gli ori e i velluti della splendida Salle Favart per assistere alla rappresentazione successiva. Visto a Parigi, Opéra Comique, il 7/12/08 Ilaria Bellini