Parigi, Opéra Bastille, “Le Roi Roger” di Karol Szymanowski
TRIANGOLO A BORDO VASCA
Ultima produzione commissionata da Gérard Mortier, direttore uscente che ha introdotto nel repertorio dell’Opéra capolavori poco frequentati del ‘900, è in scena alla Bastille “Le Roi Roger“, opera rara creata a Varsavia nel 1926 dal musicista e scrittore polacco Karol Szymanowski. L’opera, che trae ispirazione dall’amore del compositore per la cultura antica e dai viaggi in area mediterranea, è ambientata nel XII secolo in Sicilia sotto il regno di Ruggero II e racconta la storia di un pastore, profeta di un culto pagano nella cui figura si assommano Cristo, Eros e Dioniso, che mette in crisi l’ordine costituito e i suoi valori religiosi e morali, risvegliando sopite pulsioni che rivelano implicazioni omosessuali di natura biografica. Apollo, il controllo di sé, si oppone a Dioniso, la libertà sensuale, ma la dialettica non è risolta e ci sfugge la meta del viaggio interiore. Il “Saluto al Sole” conclusivo può avere diverse chiavi di lettura e lascia il finale aperto: il Re ha finalmente acquisito consapevolezza, ma allo spettatore non viene svelato il mistero, vita? morte? Pienezza dei sensi con il pastore o con la moglie ritrovata?
Mentre trama e libretto sono deboli da un punto di vista teatrale, la musica è seducente e singolare e racchiude, con una sapiente opera di contaminazione, esperienze musicali di varia natura: oratorio, canti gregoriani, sonorità esotiche ed orientaleggianti. La materia musicale è pervasa di impressionismo che rimanda a Ravel e Debussy, ma presenta anche influenze della musica tedesca dell’epoca (Richard Strauss e Max Reger) e fa uso di Leitmotive di derivazione wagneriana. La partitura è molto ricca e crea una trama musicale sofisticata e opulenta, a tratti eccessiva, per suggerire una sensualità mediterranea forte, lasciva e dionisiaca.
La cornice originaria, la Sicilia medievale, luogo d’incontro di tracce greche, arabe e latine che aveva tanto ispirato il compositore, non interessa al giovane regista polacco Krzystof Warlikowski, che adotta un’ambientazione moderna e si concentra sul tema dell’outsider che mette in discussione la morale cattolica e il perbenismo borghese. Malgorzata Szczesniak, abituale collaboratrice e scenografa del regista, crea una terrazza hollywoodiana, delimitata da pareti mobili luminose e specchianti, caratterizzata da una grande piscina vuota, dove in assoluto silenzio, in una situazione carica di attesa, una giovane coppia di nuovi ricchi (il Re e la Regina) si scambia a distanza sguardi carichi di desiderio, mentre un uomo malato (alter ego del Re), coperto da un manto regale, viene trascinato lungo la vasca dopo aver assunto una dose di eroina. Alle prime note dell’orchestra un maxi schermo scende dall’alto, dove vengono proiettati spezzoni di “Teorema” di Pasolini (a ribadire la tematica del terzo che rompe equilibri consolidati) e intriganti primi piani maschili da film di Visconti e Fassbinder . A poco a poco i film cedono il passo ai volti in primo piano del coro dei benpensanti ripresi dietro lo schermo, vecchie dame dai capelli cotonati e fili di perle e uomini in smoking che gridano il loro orrore nei confronti del profeta che appare fra la folla, un hippie sornione e effeminato, per certi versi rivoltante, dalle unghie laccate di rosso che esce dal video irrompendo sulla scena innescando turbamento nella coppia.
Nel secondo atto Roger e la moglie Roxana giacciono a letto, vicini ma già lontani (evidente il richiamo alla coppia in crisi di Eyes Wide Shut) e all’arrivo del pastore il pavimento si divide in due ricreando la piscina che si affolla di vecchi semiparalizzati in costume da bagno impegnati in un’ acqua-gym rituale che prelude alla danza bacchica di Roxana, che cede per prima al fascino del profeta, mentre il Re cerca attraverso le tavole di teak del bordo vasca il bacio di una bambola annegata che ha le sembianze della consorte. Questa scena, se pur poco comprensibile e ai limiti dell’assurdo, ha un forte valore emozionale e riesce a trasferire l’atmosfera di languido disfacimento della musica e del profondo malessere di Roger, cogliendo l’ambiguità di un’opera che allude ma non dice.
Nel terzo atto, il Re divenuto un pellegrino eroinomane, ritroverà moglie e figlio fra i vapori della piscina di una Disneyland dove impera il pastore (che si è incarnato in un Mickey Mouse con tacchi a spillo) e Roger inneggerà al sole, qui insegna luminosa “SUN”, centro estetico della società dei costumi, yoga da strapazzo, paradiso artificiale dell’outing.
Marius Kwiecien è un Re Roger appassionato e vibrante, dal fisico scolpito di apollinea bellezza e dalla voce rotonda, che nel corso dell’opera acquista progressivo spessore e profondità in sintonia con il percorso interiore e drammatico.
Olga Pasichnyk è una Roxana languida e sensuale, ambigua ed evanescente come deve essere il personaggio “impressionista”; la voce è un po’ aspra, ma possiede tutta l’estensione richiesta dal ruolo.
Eric Cutler, il Pastore, è una via di mezzo fra Jesus Christ Superstar e un santone beffardo; la voce lirica dai facili acuti, bei pianissimi e falsetti eterei, è ideale per suggerire la creatura ambigua e misteriosa che incanta proseliti e risveglia sessualità represse. Ottimo l’Edrisi di Stefan Margita, confidente sarcastico dalla voce sonora e ben proiettata. Nelle parti di fianco ricordiamo Wojtek Smilek (Arcivescovo) e Jadwiga Rappé (una Diacona).
Kazushi Ono, specialista del repertorio lirico del ‘900, offre una direzione impeccabile nel mettere in evidenza la complessa tessitura costituita da elementi eterogenei che, grazie alla direzione mobile ed attenta, coesistono in un flusso lussureggiante e raffinato che seduce l’ascoltatore per il mix di sonorità arcaiche e orientaleggianti, arabeschi impressionisti, melodia che si fa bruciante e dissonante con picchi di tensione espressionista.
Se la riuscita musicale è indiscutibile, la regia divide il pubblico e applausi si alternano ad accesi fischi di protesta indirizzati al regista, ma soprattutto al suo mentore Gérard Mortier, il cui mandato all’insegna della provocazione ha avuto il merito di abituare il pubblico parigino a continuare a interrogarsi e dibattere anche fuori dal teatro.
Visto a Parigi, Opéra Bastille, il 20 Giugno 2009
Ilaria Bellini
Teatro