Teatro

PARIGI, L'elisir d'amore

PARIGI, L'elisir d'amore

Parigi, Opéra Bastille, “L’elisir d’amore” di Gaetano Donizetti ELISIR VIVACE E LEGGERO Alla Bastille viene riproposto l’Elisir d’amore del regista francese Laurent Pelly con scene di Chantal Thomas, una produzione ancora fresca e vitale che trova nell’Adina di Anna Netrebko l'interprete ideale. L’opera è ambientata in un’Italia rurale del dopoguerra che ricorda quella immortalata dal nostro cinema degli anni ’50 e ’60, dove ritroviamo personaggi e situazioni che richiamano De Sica, Risi, Zurlini e la cascina di “Riso Amaro”. L’attualizzazione funziona e crea una giusta ambientazione alla commedia sentimentale, naif quanto basta senza scivolare nello stucchevole, restando fedele a quell’idea di campagna lombarda amata dal compositore bergamasco. Il regista con pochi tocchi suggerisce una pianura assolata e luminosa dove si vedono balle di fieno e campi arati, un set ingenuo e evocativo dove sfilano biciclette, Velosolex e le prime Vespe del boom, con un senso di dèjà vu che si presta particolarmente all’Elisir d’amore e alle sue furtive lacrime, inserite in un retroterra sociale della nostra memoria collettiva. E rimembriamo la trattoria di campagna, il furgone del latte divenuto camioncino per Dulcamara, le ragazze in golfino bon ton che passeggiano al crepuscolo al limitare del borgo dove lo sguardo si perde all’infinito, i grilli che cantano e un cane randagio che vaga per la scena. Parte dell’opera si svolge su di un’alta piramide di balle di fieno, una montagna di paglia che cerca di scalare Nemorino per spiare la bella distesa al sole, che recita la parte della scocciata nascondendo lo sguardo dietro occhiali neri da diva, ma che sembra essersi messa lì a bella posta per scatenare il desiderio maschile sdraiata sul fieno, mentre legge e fa ondeggiare le gambe nude nel meriggio estivo. Durante la furtiva lacrima calano dal cielo al rallentatore lampadine accese, stelle filanti per tradurre la gioia e la poesia della pagina o luminarie naif da festa paesana. Adina e Nemorino sono in realtà personaggi complessi e sensibili, dietro l’apparenza civettuola della ragazza si percepisce insicurezza e trepidazione e Nemorino, lo scemo del villaggio, ha un cuore grande e un temperamento tenace. La produzione, apparentemente senza pretese, prevede un movimento scenico impegnativo e curatissimo, nelle scene come nelle controscene, senza tempi morti come deve essere una vera commedia . I personaggi si arrampicano con disinvoltura sulle balle di fieno, sfuggono, s’inseguono, saltano, danzano continuando a cantare con sorprendente naturalezza. Su tutti spicca per presenza e meriti vocali l’Adina di Anna Netrebko. Di lei abbiamo sempre lodato il personale talento scenico e anche qui tratteggia un’ Adina irresistibile e convincente, ragazza di campagna maliziosa e divertita, naturale e mai leziosa, che catalizza gli sguardi degli spettatori bella e sensuale come Silvana Mangano o Claudia Cardinale nel vestitino a fiori di cotonina leggero. La voce di grande estensione potrebbe risultare scura e fin troppo sontuosa per il ruolo, ma la tecnica raggiunta, l’emissione fluida e il pieno controllo della coloratura conquistano anche il pubblico più esigente e la cantante trionfa in “Prendi per me sei libero“, dove dimostra bravura belcantista nei passaggi dal pianissimo al forte. Giuseppe Filianoti è un Nemorino particolarmente espressivo, dal movimento buffo e disarticolato che esprime, oltre a un’indubbia comicità, grande tenerezza. Alle prime battute si percepisce una voce in difficoltà nell’acuto che sembra avere perso smalto anche nel registro centrale. Ma poi la voce si scalda e, grazie all’elegante fraseggio e al senso della parola, il cantante risolve il ruolo in modo convincente e la furtiva lacrima interiorizzata e piena effusione lirica incontra i favori del pubblico. George Petean, Belcore, è la caricatura del soldato fanfarone dal gesto meccanico vagamente fascista, ma la voce è morbida e rotonda e conquista per il fraseggio elegante ed acuti ben risolti. Paolo Gavanelli è un Dulcamara ambiguo e sciatto, manipolatore e furbastro dal camice sporco, la cui comicità è pervasa da una vena di inquietudine. La linea di canto è poco a fuoco, ma l’accento ed il fraseggio fantasioso animano le frasi dell’ imbroglione, mettendone in rilievo tutta l’italianità. Conclude adeguatamente il cast la vivace Giannetta di Jaël Azzaretti. Non convince la direzione di Paolo Arrivabeni per i tempi lenti e grevi spesso inadatti a tradurre la vivacità e la leggerezza della regia, senza peraltro suggerire quella dolcezza mista a struggimento che aleggia nella partitura. Non sempre precisa la prova dell’orchestra. Un pubblico decisamente internazionale ha applaudito con entusiasmo tutti gli interpreti riservando un’accoglienza trionfale alla diva Netrebko. Visto a Parigi, Opéra Bastille, il 10 ottobre 2009 Ilaria Bellini