L'Accademia Filarmonica Romana ha presentato una serata di indubbio interesse in cui sono andati in scena, con la cura di Marco Zannoni, “Partita a pugni” e “Frecciarotta”.
L'Accademia Filarmonica Romana ha presentato una serata di indubbio interesse in cui sono andati in scena, con la cura di Marco Zannoni, “Partita a pugni” e “Frecciarotta”.
Anni ’50, palestra di periferia, magari con l’insegna “AUDACE” o “FORZA E CORAGGIO”, pubblico scalmanato , un ring approssimativo, un arbitro con una improbabile cravatta a farfalla e i due contendenti, Er Palletta ed il suo rognoso avversario Cannavota. Questo è l’ambiente dell’opera “Partita a pugni”, fatica di Vieri Tosatti del 1953. Il pubblico (coro) si esibisce in tutte le possibili declinazioni degli insulti borgatari, perfettamente intellegibili, in un crescendo di pathos determinato dai rovesciamenti di fronte del match. L’arbitro cerca, senza troppa convinzione, di imporre la sua autorità , ma è sopraffatto dalla violenza verbale degli astanti, che tra lazzi , frizzi e urla restano i padroni della situazione.
Vieri Tosatti (1920 – 1999) con questo lavoro certamente neo-realista, data anche l’epoca, ci dà un quadretto della vita di città con musica di grande scuola , adeguatamente torrenziale. I colori, i ritmi, le dissonanze integrano perfettamente l’azione delle voci, sembra di partecipare ad un sabba di periferia, sarcastico ed innocuo, dove la violenza è solo nelle parole. La felice scelta dell’Accademia Filarmonica Romana ha piacevolmente sorpreso il pubblico consueto della stagione musicale che ha apprezzato con grande divertimento la proposta ed ha riscoperto un grande della musica romana ingiustamente trascurato.
La seconda parte della serata, perfettamente in linea con la prima, è stata dedicata ad un’opera satirica del giovane Riccardo Panfili che con grande senso dell’attualità ci propone una metafora della situazione nazionale. Il titolo è “Frecciarotta”, il riferimento non è troppo nascosto. Già dalla dedica affettuosa a Franco Lechner, indimenticato Bombolo di tanti B-movies, si capisce quale sarà il linguaggio adottato. La storia è questa: il Presidente delle ferrovie di Trenilandia, ovviamente disastrate, vuole vendere i propri impianti ad una azienda russa, ormai decisamente inserita nel sistema capitalistico e cerca in tutti i modi di convincere la Presidente della società Rusky Deraja della bontà dell’affare. Il coro rappresenta il pubblico dei viaggiatori ed è facilmente immaginabile il florilegio di epiteti nei diversi dialetti nazionali che contrappuntano i disastrati viaggi ferroviari. Un bonario e rassegnato capotreno partecipa agli eventi senza illusioni per il futuro. La musica di Riccardo Panfili, talvolta costituita da vere e proprie onomatopee, descrive can la giusta ironia le situazioni; il canto, ricco di colori, è riservato al coro, i protagonisti si dedicano quasi esclusivamente ad un efficace declamato. L’orchestra, con la giusta dose di clangori, sottolinea l’azione con efficacia.
Applausi affettuosi del pubblico sorpreso e divertito, a Riccardo Panfili presente in sala, all’Orchestra Sinfonica Abbruzese diretta da Marcello Bufalini, al Coro Zaccaria da Teramo diretto con grade efficacia da Paolo Speca ed ai solisti tra cui spicca la voce di cristallo di Daniela Mazzuccato.