“La traviata” del 7 dicembre guarda avanti e indietro: inaugura la nuova stagione 2013-14 e chiude le celebrazioni Verdi-Wagner della precedente stagione 2012-13 che si era aperta con “Lohengrin” e aveva visto in cartellone principalmente opere dei due compositori.
La nuova produzione del titolo verdiano più rappresentato al mondo porta la firma di Dmitri Tcherniakov, quarantenne regista russo di cui alla Scala sono passati i suoi “Il giocatore” di Prokof'ev (vincitore del premio Abbiati) e “Evgenij Onegin” e in attesa (marzo 2014) de “La sposa dello zar” coprodotta con la Staatsoper di Berlino (recensione presente nel sito). Il regista, nelle note presenti nel libretto di sala, ritiene che la cosa principale che ci lega ancora alla storia di Violetta e Alfredo dopo 160 anni sia il fatto che parla di noi contemporanei e soprattutto che parla a noi contemporanei di un punto dolente dell'uomo moderno: la paura dell'amore. Scrive Tcherniakov: “Per molti l'amore è una debolezza, una sconfitta. Temiamo di credere a questo sentimento, di fidarci di un'altra persona, di concederle tutto di noi stessi. Per noi è più comodo non credere all'amore, perchè l'amore è anche paura. Paura della dipendenza, di nuove offese, di nuovo dolore. Paura del rifiuto. È più comodo giocare. Tutto è gioco, tutto è manipolazione. Se giochi, sei protetto. Non sappiamo cosa fare dell'amore, quando arriva all'improvviso. Entra nella nostra vita come una calamità, una forza distruttrice. E non sappiamo come vivere questo sentimento, non capiamo, non ci crediamo, non riusciamo a vestirlo. Non sappiamo come manifestarlo, come trattarlo. Cominciamo a fare cose sbagliate, che non aiutano a costruire, ma tendono a distruggere. Così, essere felici non è possibile”. Dunque uno spettacolo contemporaneo che analizza i sentimenti dei protagonisti e, tramite loro, di tutti noi.
Sul podio Daniele Gatti, nato e cresciuto a Milano (nel cui conservatorio ha studiato), uno dei direttori più apprezzati nel mondo per l'intensità delle interpretazioni; la sua ultima direzione a Milano è stata nella splendida “Lulu” di Alban Berg con la regia di Peter Stein (recensione presente nel sito). Gatti utilizzerà la partitura che Verdi mise a punto per la rappresentazione al teatro di San Benedetto di Venezia del 6 maggio 1854, leggermente diversa dalla prima alla Fenice, sempre a Venezia, del 6 marzo 1853 ma lasciando da questa il finale. Dunque l'edizione critica nella sua interezza, senza i tagli di tradizione, con tutte le ripetizioni e con l'aggiunta di qualche variante e cadenza in conclusione.
Nel ruolo del titolo Diana Damrau (ha debuttato come Violetta lo scorso marzo al Metropolitan di New York) si fa particolarmente attendere, avendola sempre ascoltata in ruoli belcantistici oppure in intriganti operazioni contemporanee: la sbarazzina Susanna come sarà nel ruolo verdiano per eccellenza? Con lei, tedesca, i comprimari sono il polacco Piotr Beczala (Alfredo) e il serbo Zeliko Lucic (Germont). Impegnate le masse della Scala: orchestra, coro e corpo di ballo.
La prima del 7 dicembre (ore 18, trasmessa praticamente in diretta in tutto il mondo) sarà preceduta dall'anteprima riservata ai giovani del 4 dicembre e da sette repliche: 12, 15, 18, 22, 28, 31 dicembre e 3 gennaio, tutte con lo stesso cast. Prezzi biglietti da euro 2.000,00 a euro 12,00.
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