Teatro

RAVENNA: L'ITALIANA IN ALGERI

RAVENNA: L'ITALIANA IN ALGERI

L’allestimento è una riuscitissima produzione ventennale con la firma di Pier Luigi Pizzi, a riprova di come un allestimento intelligente e dalla esuberante teatralità possa conservare intatti il proprio dinamismo e la propria vitalità nonostante il trascorrere del tempo. Creato per l’Opéra di Montecarlo a inizio anni Novanta e dopo aver viaggiato nei maggiori teatri europei, il lavoro di Pizzi è stato ripreso dal regista Paolo Panizza, rispettoso dell’impianto originale e capace di restituirne in modo attendibile l’atmosfera così particolare e il brio.

L’Algeri evocata da Pizzi risplende di colori tenui e soffusi, i vari ambienti ricavati dalle scene sono alternativamente illuminati da un sole pallido di giorno o da una suggestiva luna piena nei momenti notturni. Sullo sfondo si stagliano le cupole e minareti di una grande moschea, mentre griglie lignee scorrevoli o calate dall’alto racchiudono gli spazi interni. I costumi di foggia orientaleggiante si inseriscono con pertinenza nella scena riconducendo lo spettatore in un mondo contraddistinto da tutti gli stereotipi più consolidati legati all’immaginario della turcheria, così di moda tra Sette e Ottocento, in un tripudio di turbanti, ciabatte arabe, sciabole e veli di odalische che contrasta in modo schietto con gli abiti in stile occidentale e marinaresco dei naufraghi. Il gioco scenico è scatenato e il ritmo incalzante ed implacabile della musica trova esatta corrispondenza nella gestualità dei diversi personaggi, arricchita da divertenti gags e dai movimenti coreografici di Isa Traversi, che nei momenti di maggiore frenesia risultano davvero di una comicità esilarante.
Dal punto di vista scenico/comico emergono prepotentemente i personaggi di Isabella e di Taddeo. Lei presenta i tratti distintivi della donna scaltra, passionale e dominatrice, che risolve ogni controversia a colpi di frusta, mentre lui si caratterizza per un atteggiamento costantemente ammiccante, meschino e ridicolo che si accattiva l’immediata simpatia del pubblico. Pizzi si mantiene, come ci ha abituato, nel solco di una rivisitazione tradizionale della vicenda e punta molto sulla centralità della protagonista che si distingue, oltre che per carattere, anche per i costumi, sgargianti e di rottura, che la identificano come donna volitiva e dalla personalità debordante e ribelle. Le altre presenze femminili, infatti, sono quasi indistinguibili nei loro costumi ispirati alla più classica iconografia arabeggiante: veli e babbucce.

L’apertura del sipario all’inizio dell’opera rivela Elvira e Zulma che conversano in un bagno turco circondate da uno stuolo di eunuchi immersi nei caldi vapori con tanto di asciugamano sulla testa. Si prosegue con l’entrata in scena di Lindoro, schiavo domestico con secchio e spazzolone che canta la sua aria mentre pulisce il pavimento, quasi fosse la versione maschile di Cenerentola. Poi Isabella, con blusa marinara, gonna-pantalone e cappello con visiera che s’impadronisce di una frusta e, ad ogni schiocco dell’arnese, allontana con gesto autorevole gli eunuchi curiosi ed impauriti, dimostrando immediatamente di quale pasta sia fatto il suo personaggio. Fino al quintetto del caffè, dove i protagonisti accompagnano ritmicamente il canto con un sonoro tintinnio di tazzine e cucchiaini dall’effetto spiritoso e musicalmente gradevole. E per finire l’esilarante secondo atto con le investiture a Kaimakhan e Pappataci danno all’insieme una comicità raffinata e sublime che sarebbe piaciuta allo stesso Rossini.
Una regia che è piaciuta e che piace, divertente quanto basta per non scadere nel volgare e nello stesso tempo di una classicità moderna che non stanca mai gli occhi.

L’Isabella di Carmen Topciu ha un timbro corposo e vellutato ma è attrice un po’ legnosa; la voce è morbida e denota belle vibrazioni nei primi acuti, il registro acuto tradisce qualche occasionale tensione, ma nel complesso il ritratto da lei delineato del personaggio risulta pertinente e credibile. Quasi esordiente Davide Luciano, vincitore del concorso As.Li.Co, nel ruolo di Taddeo: nonostante la giovinezza, è stato il vero mattatore della serata in virtù di una vena istrionica incontenibile e grazie alla capacità di un canto espressivo immediata con voce baritonale dal timbro chiaro ed efficace. Enea Scala in Lindoro è dotato di notevole presenza scenica e compone un ottimo ritratto del personaggio, soprattutto grazie ad una vocalità elegante e ad un’emissione molto ben rifinita, vocalità chiara e limpida ed è dotato di buon fraseggio. Abramo Rosalen, nel ruolo di Mustafà, è apparso incerto, con diversi problemi sui fiati ed ha esibito un’emissione discontinua; possiede una vocalità di basso sonora ed abbastanza scura; buona la recitazione. Corrette l’Elvira e la Zulma rispettivamente impersonate da Sonia Ciani e Alessia Nadin; non brillante l’Haly di Mirko Quarello.

Il giovane direttore d’orchestra Francesco Pasqualetti dirige molto bene un’ orchestra I Pomeriggi musicali leggera e vaporosa, capace di alcune sfumature interessanti e di dinamiche convincenti, un tocco rossiniano in più non stonerebbe.
Adeguata la prova del coro del Circuito Lirico Lombardo diretto da Diego Maccagnola.

In un Teatro Alighieri pieno, un pubblico eterogeneo e vivace ha apprezzato molto questo gustosissimo e piacevole spettacolo, tributando meritatamente applausi anche a scena aperta ai vari personaggi, soprattutto alla Topciu, a Scala e a Luciano.