Successo per la trilogia d'autunno del Ravenna Festival che porta nella città adriatica tre operette, espressione della cultura mitteleuropea, prodotte dai teatri ungheresi e rappresentate in lingua ungherese con sopratitoli in italiano.
Le acque del Danubio hanno rinfrescato l'edizione 2016 del Ravenna Festival: direttamente dall’Ungheria tre operette hanno infatti caratterizzato la trilogia d’autunno. Insolitamente catapultato nel mondo dell’operetta, il Festival naviga sulle acque di un Danubio immaginario portando sulle scene tre capolavori del genere: La contessa Maritza di Emmerich Kálmán, Il pipistrello di Johann Strauss jr. e La vedova allegra di Franz Lehár, tutte frutto della collaborazione con il Teatro Operetta Budapest e il Teatro Csokonai di Debrecen, luoghi in cui l’operetta è quasi un culto e i cantanti sono veri demiurghi di questo genere, che unisce canto, recitazione e divertimento.
Nella Contessa Maritza Kálmán riesce a fondere vari elementi della tradizione magiara con musiche viennesi e uno sguardo oltreoceano alle composizioni di Gershwin, per cui le oltre tre ore volano in un turbinio di situazioni comiche, trascinando il pubblico al ritmo di czarde, valzer e fox trot. Lo spettacolo, per la regia di Kero, risente di un clima di ingenuità naif che riporta a un passato non troppo lontano degli spettacoli che provenivano dall’est Europa, senza troppe pretese, con scene e costumi abbastanza di maniera, ma che concentra tutto sul canto e sulle trovate sceniche. L’ambientazione magiara e i costumi tipici rientrano ampiamente in un clima di operetta che, ben lungi dall’essere considerata elementare, sviluppa tutta una serie di punti di forza nella poliedricità dei cantanti/attori che hanno dimostrato di essere dei veri campioni del genere pur nella difficoltà di rendere il testo magiano nonostante i sopratitoli in italiano.
Le melodie hanno trovato espressione canora in cantanti ottimamente preparati e con voci sicure e impostate per i ruoli. Nel personaggio eponimo Mónika Fischl, che unisce alla bella voce brunita un perfetto fisic du role, non poteva che affascinare i pretendenti e il pubblico. Accanto a lei Zsolt Vadász un conte Tassilo dalla voce sicura, raffinato e galante. Decisamente chi ha colpito di più nella serata è stata la coppia Szilvi Szendy, nella dolce e minuta Lisa, e Károly Peller, il falso barone Koloman Zsupàn: entrambi non solo hanno due voci notevoli per estensione e per purezza del suono ma sono dotati di una poliedricità che ne ha fatto due funambolici ballerini acrobatici, capaci di cantare ottimamente mentre erano impegnati in difficili capriole o ruote o balli di tutti i tipi; non per nulla Peller è stato più volte premiato come migliore attore d’operetta in diversi teatri. Non si può non menzionare il caratterista Zsolt Dánielfy nel barone Dragomiro, ottimo buffo nelle sue trovate farsesche. Accanto ai cantanti un ottimo Coro del Teatro Csokonai, preparato dal maestro Péter Gyülvészi ha saputo rendere le scene di massa divertenti e spettacolari. Anche il Corpo di Ballo del Teatro dell’Operetta di Budapest, nelle coreografie di Jen? L?csei, si è dimostrato all’altezza interpretando tipiche danze magiare e musiche più scatenate. Il maestro Dániel Somogyi-Tóth ha diretto con giusto brio l’Orchestra Filarmonica Kodály di Debrecen sapendo dosare l’equilibrio musicale della partitura di Kálmán: una precisione encomiabile nella direzione.
Al Festival di Ravenna arriva forse la principale operetta di Johann Strauss: Il pipistrello, tipico esempio di operetta viennese, rappresentata per la prima volta nel 1874 e qui nella sua versione integrale. Come La contessa Maritza è una coproduzione con il Teatro Operetta Budapest e il Teatro Csokonai di Debrecen, di cui ha la stessa regia, di Kero. Benchè scritta in tedesco, è stata rappresentata anch’essa in ungherese, presentando le stesse problematiche di comprensione dell’operetta che l’ha preceduta. Mentre in questa il tocco naif era il life motiv, qua la visione del regista è più onirica e la fa da padrone lo champagne, che sembra muovere i personaggi nella loro commedia degli equivoci e nella burla ordita dal Dottor Falke. La musica di Strauss è stata ben interpretata dal maestro László Makláry che ha diretto Orchestra Filarmonica Kodály di Debrecen, una musica che da rilievo anche a temi popolari, come le czarde, o da gioiosi divertimenti musicali che sono riusciti magnificamente a un’orchestra ben preparata e compatta.
Anche qua validi cantanti hanno saputo unire al canto recitazione e divertenti trovate comiche. Alcuni nomi si ripetono, come il bravo e talentuoso Károly Peller, qui nel principe Orlofsky, che ha saputo mettere a prova le sue capacità canore e di ottimo ballerino; oppure del raffinato Zsolt Vadász, qui nei panni del protagonista, il banchiere Gabriel von Eisentein. Compare poi ancora il buffo Zsolt Dánielfy nell’ubriaco Frosch, sempre esilarante. Ma anche Soma Langer, che ne La contessa Maritza ricopriva un ruolo molto secondario (Carabiniere), qui nei panni di Frank ha dato prova di possedere una bella voce estesa e pulita. Tra i principali ruoli femminili dobbiamo ricordare Tìmea Vermes in una sicura e decisa Rosalinde; Anita Luckás nella spensierata e vocalmente accattivante Adele; Marika Oszvald nella spumeggiante Isa, che inaspettatamente ha rivelato oltre che una travolgente simpatia doti acrobatiche non indifferenti. Voci molto buone anche per Zoltán Bátki Fazekas nel Dottor Falke, il Pipistrello e Alessandro Codeluppi in Alfred. Il Coro del Teatro Csokonai preparato dal maestro Péter Drucker ha saputo completare in modo brioso lo spettacolo unito anche al Corpo di Ballo del Teatro dell’Operetta di Budapest con le coreografie di Jen? L?csei.