Ercole Palmieri per Ghione produzioni
in collaborazione con Goldenart production
Michele Placido
RE LEAR
di William Shakespeare
traduzione e adattamento Michele Placido e Marica Gungui
con Gigi Angelillo
Margherita Di Rauso Federica Vincenti
Francesco Bonomo Francesco Biscione
Linda Gennari Giulio Forges Davanzati
Brenno Placido Alessandro Parise
Peppe Bisogno Giorgio Regali
Gerardo D’Angelo Riccardo Morgante
scene Carmelo Giammello
musiche originali Luca D’Alberto
costumi Daniele Gelsi
disegno luci Giuseppe Filipponio
regia Michele Placido e Francesco Manetti
Io pure sono mortale e uomo come tutti gli altri,
e sono nato da colui che per primo fu creato dalla terra.
E nel ventre di mia madre fui plasmato in dieci mesi per essere carne:
fui coagulato nel sangue dal seme dell’uomo e dal piacere che deriva dal sonno.
E quando nacqui, ricevetti la comune aria e caddi sulla terra, che è di natura affine,
da prima piangendo e gemendo come tutti gli altri.
Fui avvolto in fasce e nutrito con grande cura.
Nessun re ha avuto altro inizio di nascita.
Tutti gli uomini entrano nella vita e similmente ne escono. (Libro della Sapienza)
Lear ,Tragedia della gravità
(Simone Weil)
- Ho frequentato Shakespeare nei più teneri anni dell’adolescenza, improvvisando
rappresentazioni notturne per i miei compagni paesani (ricordo un “essere o non essere”
finito con un gavettone d’acqua), iniziai la mia carriera proprio come attore nel ruolo
del “muro” nel “Sogno di una notte di mezza estate” con la regia di Orazio Costa; ho poi
interpretato: il bastardo nel “Re Giovanni” con la regia di Fortunato Simone, Calibano
ne “La Tempesta” con la regia di Sthreler, Petruccio ne “La Bisbetica Domata” con la regia di
Dall’Aglio, MacBeth e Otello con la regia di Bellocchio e Calenda. Solo l’assidua frequentazione
del mondo di Shakepeare in questi anni tormentati della nostra storia mi ha dato coraggio
nel proseguire il cammino senza sorprendermi dell’orrore che noi uomini siamo capaci di
scatenare………. -
Re Lear esplora la natura stessa dell'esistenza umana: l'amore e il dovere, il potere e la
perdita, il bene e il male, racconta della fine di un mondo, il crollo di tutte le certezze di
un’epoca, lo sgomento dell’essere umano di fronte all’imperscrutabilità delle leggi dell’universo.
All’inizio del dramma Lear rinuncia al suo ruolo, consegna il suo regno nelle mani delle figlie,
si spoglia dell’essere Re, pilastro e centro del mondo, per tornare uomo tra gli uomini, rifarsi
bambino e in pace “gattonare verso la morte”. Come un bambino pretende l’amore, Lear esige
in cambio della cessione del suo potere, che le figlie espongano in parole i loro sentimenti per
lui. Ma Cordelia, la più piccola, sa che l’amore, il vero amore non ha parole e alla richiesta del
padre può rispondere solo: “nulla, mio signore”. È questo equivoco, questo confondere l’amore
con le parole, che, nel momento in cui le altre figlie si mostreranno per quello che sono, farà
crollare Lear rendendolo pazzo. E con Lear è il mondo intero che va fuor di sesto, la natura
scatenata e innocente riprende il suo dominio, riporta gli uomini al loro stato primordiale, nudi
e impauriti, in balia di freddo e pioggia a lottare per la propria sopravvivenza, vermi della
terra. È qui che può cominciare un crudele cammino d’iniziazione: resi folli o ciechi per non
aver saputo capire o vedere, Lear e il suo alter ego Gloucester, accompagnati da figli che si
son fatti padri, giungeranno finalmente a capire e vedere.
Il palcoscenico in cui si muovono i nostri personaggi, è la distruzione del mondo. La storia
di Lear è la storia dell’uomo, la storia di civiltà che si credono eterne ma che fondano il loro
potere su resti di altri poteri, in un continuo girotondo di catastrofi e ricostruzioni, di macerie
costruite su macerie.
Scene in sé così vive e potenti da farci tornare alla mente una composizione poetica del ‘500
dal forte simbolismo: “Corpus Christis Carol” dal quale trasuda un fremito religioso che
attraversa anche il testo shakespeariano. Da questo canto, tramandato nei secoli e rinnovato
nella meravigliosa interpretazione di Jeff Buckley, la cui vita grottesca e drammatica ci ricorda
personaggi come Edgar e il Fool, partirà la composizione della drammaturgia musicale,
realizzata da Luca D’Alberto, che fonderà i profili di Cordelia con il Fool, del Fool con Lear, di
Edgar con Gloucester, attraverso soluzioni armoniche e graffi timbrici.
Che cosa ha dunque senso in questa tragedia? Quale speranza possiamo trarre? Forse solo la
conoscenza di che cosa sia l’uomo di fronte all’universo, raggiunta attraverso un percorso di
spoliazione in cui l’amore e la solidarietà si mostrano nella loro essenza terribilmente umana.
Forse solo a questo, ad aiutare la creazione di questa consapevolezza, mira tutta l’opera di
Shakespeare, a patto però che gli spettatori non dimentichino mai di trovarsi a teatro, che non
cadano nell’illusione di un altro mondo, che sempre vedano il muro dietro la scena di cartone.
Michele Placido
Francesco Manetti
ORARI SPETTACOLI
dal martedì al sabato ore 20.45
giovedì 18 mercoledì 24 e sabato 27 ottobre ore 16.45
tutte le domeniche ore 16.45
INFO
botteghino 06/6794585
numero verde 800013616
mail info@teatroquirino.it