Teatro

RECENSIONI DA MONTEPULCIANO

RECENSIONI DA MONTEPULCIANO

Abbiamo appreso con piacere che la Comunità Europea ha recentemente avvalorato il Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano, unico tra tutti i festivals italiani ad ottenere questo importante riconoscimento, con l’assegnazione di un considerevole contributo economico; sostegno che, in tempi difficili come questi che stamo vivendo, diviene quanto mai opportuno. Ma non basta: Andrea Rossi, sindaco di Montepulciano, ha rivelato che gli analisti dell’UNESCO stanno valutando la formula di base del Cantiere d’Arte – l’incontro tra giovani studenti di musica e capaci docenti, che per una decina di giorni vivono insieme in un ambiente informale e fertile di esperienze, e danno vita ad un considerevole numero di appuntamenti musicali – come un bene immateriale che potrebbe essere in fututo oggetto di tutela da parte di questa importantissima organizzazione delle Nazioni Unite. Un riconoscimento solo formale e senza dirette conseguenze economiche dirette ma che, se arrivasse veramente, sarebbe quanto mai lusinghiero, per questa meravigliosa istituzione e per la città che l’ospita. Ne siamo felici, auguri di cuore!
Intanto, in attesa di tale auspicabile evenienza, è andata in scena la trentottesima edizione del Cantiere che fu fondato quasi quarant’anni fa da Hans Werner Henze, il grande musicista da poco scomparso all’età di 86 anni. A lui essa è stata affettuosamente (e doverosamente) dedicata; ed alla sua figura ed alla sua opera è stato rivolto un corposo spettacolo basato su una serie di video e documenti sonori che lo riguardano, intitolato “Hans tracks”e realizzato a cura di Antonio Fatini e Fabio Fassone.
Il centro toscano che vigila dall’alto la Val di Chiana era in balia ahimé dei capricci del cielo di metà luglio, nei primi giorni d’avvio: saltata per la pioggia nel pomeriggio del 19 luglio la sfilata delle bande musicali locali che tradizionalmente apre da qualche anno il Cantiere, si è salvato il concerto pomeridiano – un po’ accorciato per motivi metereologici - che ha visto la presentazione della neonata Banda della Val d’Orcia, formazione estemporanea di ampie dimensioni che in occasioni speciali come questa riunisce i complessi bandistici di Montalcino, San Quirico, Montepulciano ed altri centri della zona: in Piazza Grande, per chi non si era fatto scoraggiare dalle nubi minacciose, i suoi affiatati componenti hanno offerto un interessante programma di musiche moderne sotto la direzione di Luciano Brigidi e Marco Piattelli.
Naturalmente però, l’attesa maggiore era per il concerto sinfonico d’apertura del Cantiere 2013, un appuntamento animato dall’Orchestra del Royal Northern College di Manchester, formata dai migliori allievi del prestigioso conservatorio inglese: lo dirigeva la sera del 19 luglio in una Piazza Grande gremitissima, con la consueta maestria e con quel tocco di elegante souplesse che lo contraddistingue, il direttore musicale del Cantiere, cioè Roland Böer. La serata iniziava con la rutilante ed estroversa Ouverture Festiva op. 96 di Dmitrij Šostacovič, lavoro iniziato nel 1947 ed utilizzato per celebrare nel 1954 l’anniversario della Rivoluzione d’Ottobre; preseguiva con un capolavoro di un altro russo, Pyotr Čajkoskij, ed il suo Concerto per piano e orchestra n. 1 che ha fornito modo all’estro virtuosistico del pianista Markus Bellheim di dispiegarsi appieno, anche se il freddo inaspettato e l’incredibile umidità gli imponevano di asciugare di continuo il suo strumento (e mettevano in costante pericolo l’intonazione degli archi dell’orchestra). Ai nostri lettori non l’ho ancora detto, ma il filo conduttore di questo Cantiere 2013 era il tema dell’acqua, declinato in varie maniere, ma quando è troppo è troppo…Seguendo questo filo, il compito di aprire la seconda parte di questo concerto spettava ad una nuovissima composizione per grande orchestra di Norberto Oldrini, commissionata per l’occasione, ed intitolata guarda caso “Cascata”: un brano di una decina di minuti pervaso da una corrente ritmica che ha messo in grande risalto tutte le sezioni della giovane orchestra, impegnate in passaggi di notevole virtuosismo. Dopo questo saggio di contemporaneità, si passava infine ad un grande classico come la Terza Sinfonia «Renana» di Robert Schumann, i cui cinque movimenti sono stati restituti a perfezione da Böer e dai giovani musicisti del RNCM, che hanno profuso il massimo impegno a dispetto delle condizioni veramente avverse della serata. Grande il gradimento del pubblico, che ha elargito caldi applausi a tutti.


Il secondo importante appuntamento del Cantiere prevedeva sabato 20 luglio e domenica 21 luglio (con una ulteriore replica il 23 al Palazzo Farnese di Caprarola) un’insolita rivisitazione della “Carmen” di Bizet dal titolo “Carmen, la Gitana”, spettacolo originale realizzato dal Cantiere in collaborazione con la Compagnie Villatheâtre di Strasburgo e il Pôle d'Enseignement Supérieur de Musique et de Danse de Bordeaux; ed affidato per la parte musicale al compositore francese Pierre Thilloy, e per la regia a Chiara Villa coadiuvata da Jeanne Barbieri e Francisco Gil.
Parlare di una semplice riduzione del lavoro originale è abbastanza limitativo: sia perché la parte musicale, senza intaccare l’essenza del materiale di base, viene ripensata da Thilloy per soli sei interpreti (quattro cantanti e due attori), rinunciando all’uso del coro; e rielaborata in un nuovo arrangiamento strumentale – con momenti curiosamente bizzarri, e talora un po’ folli – affidato ad un’eterogena formazione cameristica formata ad hoc, l’Ensemble Tzigano “Lillas Pastia. Una snella formazione da camera concepita con spirito tipicamente ‘cantieristico’, perché composta da alcuni musicisti francesi giunti appositamente da Bordeaux e da Basilea, e da altri forniti dall’Istituto di Musica della Fondazione Cantiere; un’orchestrina grande giusto quanto può contenere lo spazio minimalistico del Teatro Poliziano. Bene: questa “Carmen, la gitana”, una volta superate le inevitabili riserve mentali sulla sacralità dell’originale, s’è mostrata uno spettacolo spedito e trascinante, sia per la curiosa ed accattivante manipolazione delle musiche sia per la snellezza dei dialoghi rielaborati da Chiara Villa, la quale ha studiato la scena unica insieme a Stefania Coretti, sola responsabile invece dei bei costumi. Poche ed essenziali, in realtà, le cose disposte sul piccolo palcoscenico del Poliziano, reso nudo sino alle scure mura perimetrali: una fontanella che gettava vera acqua (altro richiamo del tema del Cantiere 2013, che permetteva deliziosi ammiccamenti erotici alla protagonista), un tavolaccio e qualche sedia, e soprattutto una bara rossa al centro che rammenta subito l’inevitabile epilogo della vicenda.
Quattro i cantanti in campo, abbiamo detto, e tutti molto giovani e debuttanti nei ruoli. Carmen incantevole e sensuale, tecnicamente assai brava e scenicamente credibilissima era Lilia Tripodi, affascinante mezzosoprano bulgaro che tenendo conto dell’ottimo materiale di base – una voce calda e vellutata, dalle belle note gravi, e molto duttile nell’emissione – promette cose egregie in futuro. Altro discorso per il tenore coreano Josè Sungoo Lee: voce dal timbro lucente, ben ammaestrata dagli studi in Italia, e notevole facilità d’emissione (anche se qualche volta la voce, come s’usa dire, ‘scappa’); ma deve superare quella fastidiosa mancanza di scioltezza in scena che affligge quasi tutti i suoi compatrioti, e che sminuisce interpretazioni altrimenti ben più valide. Anaïs Mahikian è una brava soprano francese – il nome suggerirebbe però un’origine armena – ben calata nel ruolo di Micaëla, rendendo la freschezza e l’ingenuità del suo personaggio con una condotta vocale sorvegliata. Qualche rigidezza invece nel basso baritono francese Sévag Tachdjian - altro nome esotico - che pur mostrando un bel phisique du rôle nei panni dell’esuberante e macho Escamillo, deve lavorare ancora molto su una vocalità di per sé ragguardevole, ma ancora rude nell’insieme. A ricoprire i due ruoli attoriali erano Jeanne Barbieri (un Lillas Pastia donna) e Francisco Gil (Zuniga), con il compito rendere comprensibile la trama collegando i vari episodi. Vincent Monteil, il responsabile artistico del Cantiere, ha presieduto a tutta l’operazione dirigendo l’Ensamble e gli interpreti con spiritoso humour, divertendosi e divertendo; vivacità e brio non mancavano, ma non si capiva se qualche imprecisione, qualche allentamento che s’avvertiva qua e là negli strumenti fosse voluto o involontario. Comunque sia, il pubblico di un Teatro Poliziano strapieno ha tributato a tutti applausi generosi.
Finita questa “Carmen” in sedicesimo, dopo una mezz’oretta di attesa si poteva presenziare al primo dei Concerti di Mezzanotte, iniziativa da sempre assai gradita: vuoi perché gratuita, vuoi per la validità delle proposte, vuoi perché ospitata nella attigua ed ariosa Piazza Grande, luogo egemone degli appunatamenti del Cantiere. Qui, di fronte alla massiccia mole della Cattedrale di Santa Maria Assunta, sta uno spazio incantevole dove convengo curiosi, appassionati di musica ed ospiti del Cantiere. Una formazione ridotta dell’Orchestra del Royal Northern College è stata diretta per l’occasione da Roger Hamilton, impegnato in un programma tutto barocco aperto dalla Ciaccona tratta dal “Dardanus” di Jean-Philippe Rameau, e poi completato dalla brillante suite “Musica sull’acqua” di George Philippe Telemann, composta nel 1723 per i cento anni del Collegio dell’Ammiragliato di Amburgo. Il tema dell’acqua che ritornava ancora una volta, dunque, ma celebrato stavolta sotto un cielo limpido e stellato.