Teatro

RECENSIONI DALLA SETTIMANA MUSICALE SENESE

RECENSIONI DALLA SETTIMANA MUSICALE SENESE

Segno distintivo delle Settimane Musicali Senesi che la Fondazione Chigiana programma ormai da settant’anni, è il recupero di partiture poco note ma pur sempre di grande interesse, e di lavori di grandi autori sui quali il tempo ha ingiustamente posto un velo d’oblio. Questo, ovviamente, senza rinunciare a presentare nuove musiche appositamente commissionate a giovani autori, stimolando la loro creatività. Seguendo questo indirizzo, l’edizione 2013 delle Settimane sì è così aperta il 9 luglio con un piccolo gioiello di Charles Gounod, l’opéra-comique “La Colombe” con libretto di J. Barbier e M. Carré, i suoi fidatissimi collaboratori che si rivolsero al racconto “Le Faucon” di La Fontaine, ispirato a sua volta alla novella di Federigo degli Alberighi presente nel “Decameron” di Boccaccio. “La Colombe” vide la luce ai primi di agosto 1860 nel salone maggiore del Casinò di Baden-Baden, mentre a Parigi arrivò solo sei anni più tardi, presentata con qualche aggiunta e modifica all’Opèra-Comique. Nel 1924 Djagilev volle riprenderla nell’ambito di un «Festival Français» da lui organizzato a Montecarlo, insieme ad un altro titolo minore di Gounod, “Le medicin malgré lui”; ed affidò la messa in musica dei dialoghi – prima solamente recitati - rispettivamente a Francis Poulenc ed a Eric Satie. In questa particolare veste, cioè con le musiche di Poulenc, “La Colombe” in Italia non è mai arrivata: di qui la decisione di portarla in scena al Teatro dei Rinnovati con la direzione di Philipp von Steinacker, affidando regia, scene, luci e costumi a Denis Krief; e chiamando a raccolta per l’occasione un cast di tutto rispetto composto da Laura Giordano, Laura Polverelli, Juan Francisco Gatell ed il basso Filippo Polinelli. L’Orchestra della Toscana ha offerto il supporto ideale a tutta l’operazione, che ha incontrato il pieno apprezzamento del pubblico.
Anche la serenata “Hymen” di Georg Friederich Händel risultava ignorata dalle nostre sale da concerto, benchè il catalogo del grande compositore di Halle sia stato esplorato in lungo e in largo. Presentata con i versi italiani di Silvio Stampiglia a Londra nell’autunno 1740 e poi a Dublino nel marzo 1742 (mutando titolo da “Imeneo” in “Hymen”), risulta essere la penultima opera teatrale del Sassone, il quale poi con “Deidamia” chiuse un capitolo fondamentale della sua carriera – e della storia del melodramma - durato quasi quarant’anni. Di lì in poi volle potersi dedicare definitivamente, ed in via esclusiva, al nuovo genere dell’oratorio. Presentata come opera vera e propria, con scene e costumi, al piccolo Lincoln’s Inn Field di Londra, “Imeneo” si trasformò dopo un profondo ripensamente in una più modesta Serenata - genere da salotto, non da teatro – per il pubblico del New Musick-Hall di Dublino (la sala dove tre settimane dopo risuonò il poderoso “Messiah”) dove apparve in forma di concerto. Solo nel 1960 questa partitura è stata riesumata, studiata e ripresa di quando in quando – Winton Dean nella sua monografia su Händel la considera un piccolo capolavoro – per giungere finalmente ora in Italia, in quella Siena che nel recente passato ha visto rivivere molti dei titoli händeliani: penso ad esempio a “Rodrigo”, “Arminio” e “Deidamia” affidate tra il 1997 e il 2002 ad Alan Curtis ed al Complesso Barocco. Per “Hymen” è intervenuto a presiederne la concertazione sotto le volte vanvitelliane della Chiesa di Sant’Agostino, sabato 13 luglio, un altro grande della musica e della vocalità barocca, vale a dire Fabio Biondi sostenuto ovviamente dalla formazione Europa Galante; sotto la sua direzione si sono sentiti cinque solisti di rango come il basso Magnus Staveland (Imeneo), il mezzosoprano Ann Hallenberg (Tirinto), i soprani Ditte Andersen (Rosmene) e Cristina Arcari (Clomiri), il basso Morcos Fink (Argenio).
Tralasciando per motivi di spazio le numerose altre proposte della Settimana senese – tra cui una serata monografica dedicata alla compositrice romana Lucia Ronchetti, con due prime esecuzioni italiane di suoi recenti lavori – resta da commentare il concerto di chiusura che ha visto al Teatro dei Rinnovati la sera del 18 luglio, un bel concerto della Mahler Chamber Orchestra guidata da Daniel Harding nell’unica data estiva concessa al pubblico italiano; e mi pare quasi inutile ricordare ai nostri lettori i pregi di questa formazione, precisa ed equilibrata in ogni sua sezione, e dal suono morbido ed avvolgente. Sotto l’attenta e sapiente guida del direttore di Oxford, il cui gesto sobrio e misurato è sempre ammirevole, la MCO si è lanciata in un poderoso programma che ha portato l’orologio a superare quasi la mezzanotte: anche se il tempo, per quanti erano presenti nella sala dei Rinnovati, sembrava essersi quasi fermato. In locandina stavano infatti la concitata Settima Sinfonia di Jean Sibelius, autore che dopo un periodo di oblio sta conoscendo un revival nelle sale da concerto; poi il Concerto per piano e orchestra n. 25 in do K 503 di Mozart in una lettura ricca di colori grazie anche ad un solista di lusso, Paul Lewis, pianista dal tocco raffinato e leggero, quasi di madreperla; nella seconda parte della serata, il sognante percorso del Siegfried- Idyll di Wagner che ha dato modo agli archi della MCO di risplendere di delicati riverberi lunari; ed infine la Seconda Sinfonia di Robert Schumann, opera possente in bilico tra passato e presente, che consegnataci in una smagliante lettura dai suoni tersi e lucidi. Un concerto memorabile nell’insieme, dunque; ma anche il bis generosamente offerto alla fine non era certo trascurabile. Schumann nell’accingersi a comporre la sua Seconda Sinfonia aspirava – sono parole sue - a ricreare «una specie di Jupiter». Curiosamente, il ‘cadeau’ offerto al pubblico senese consisteva esattamente nel movimento finale di questa sinfonia mozartiana, che grazie al suo luminoso strumentale ha dato ancora una volta la possibilità di porre in risalto tutta l’indubbia bravura dei membri della MCO, ed il loro profondo affiatamento con Harding – che da poco ha nominato proprio direttore onorario a vita – insieme al quale hanno da poco concluso una tournée internazionale che li portati in Germania, Australia e Giappone.