Sono vari anni - esattamente tredici - che la provincia di Rovigo è interessata da un lungo percorso estivo di manifestazioni musicali, teatrali e di danza intitolato "Tra ville e giardini": nome perfetto, dato che esso trova collocazione negli spazi aperti - parchi, piazze, monasteri - delle basse campagne del Polesine. Quella del 2012 è però la prima edizione che vede anche l'opera - si tratta in questo caso del "Rigoletto" verdiano - fare finalmente ingresso nel suo cartellone, con un'operazione innovativa che ha raccolto ampi consensi, a giudicare dall'affollamento di pubblico registrato nello spazio utilizzato per l'allestimento: uno dei chiostri del Monastero di San Bartolomeo di Rovigo, adibito oggi a Museo dei Grandi Fiumi. Operazione poi, come ci ha confidato Stefano Romani (direttore artistico del Teatro Sociale, sotto la cui egida si è concretizzata questa produzione estiva) che ha comportato costi molto contenuti, pur risultando - come vedremo - di livello artistico tutt'altro che trascurabile. Si è risparmiato forse sulle scene, ricorrendo a pochi attrezzi di base, ed affidando compiti descrittivi alle luci ed agli effetti, ma non per tutto il resto: l'orchestra era l'affiatata Filarmonia Veneta, compagine abitualmente presente sia nelle stagioni del teatro rodigino, sia in quelle del circuito Li.Ve. (leggi Bassano, Treviso, Padova); il coro sempre quello della Li.Ve., vale a dire il Coro Lirico Veneto nella sua sezione maschile; ed infine come direttore era presente lo stesso Romani, bacchetta di grande sicurezza e di saldo mestiere. Risultato finale una concertazione vigorosa, tempi esatti, buon ritmo narrativo.
Rigoletto era affidato ad Elia Fabbian, grazie al quale la personalità umana dell'essere ferito dalla vita è scaturita spontanea, con una vocalità distesa ed una recitazione naturale; mancava però un po' di eloquenza nei passi più drammatici, specie nell'invettiva ai cortigiani. Paola Cigna ha offerto una Gilda di buon livello, molto credibile scenicamente - la graziosa figura aiutava molto - e dipanata con grazia nei passi di agilità; il Duca del tenore coreano Jung Sang Lee era abbastanza persuasivo per la voce giovane e fresca, ben impostata, ma un po' meno quanto a mera recitazione; possente e ferino lo Sparafucile tratteggiato da Paolo Battaglia; apprezzabile la Maddalena di Claudia Marchi. Il resto del cast era completato dal bravo Christian Starinieri (un encomiabile Marullo), dal basso Enrico Rinaldo (solido Monterone), da Michela Bregantin (Giovanna), Gabriele Colombari (Borsa), Paolo Bergo (Ceprano), Simonetta Baldin (Contessa di Ceprano); il paggio era Silvia Celadin.
Parliamo ora dello spettacolo in sé: le scene di Giulio Magnetto più che descrittive, volevano essere evocatrici di atmosfere mediante un palcoscenico nero e vuoto, talora occupato da solidi geometrici, e un sapiente gioco di luci. Unico vero neo, la ridotta altezza del piano visivo, che penalizzava la vista di quanti stavano nelle file arretrate. I costumi di Manuel Pedretti seguivano anch'essi questa traccia, prediligendo il nero - vedi la folla dei cortigiani e delle loro dame - e imponendo solitari squilli di colore purpureo (la camicia del Duca, la gonna di Maddalena) ed un candido biancore per Gilda. In elegantissimo nero anche le danzatrici che con gesti severi hanno dato maggior significato alla scena iniziale. Il regista Federico Bertolani non molto poteva inventarsi con un palcoscenico di dimensioni modeste, e quindi ha puntato più sulla recitazione del singolo che sul movimento di massa; buono il risultato complessivo del suo intervento, comunque. Teniamo conto comunque che si tratta in questo caso di giovani talenti, che il Sociale di Rovigo vuole aiutare con queste iniziative ad affrontare una assai difficile carriera.
Pubblico molto numeroso e partecipe, come già detto, malgrado una serata caldissima, e grandi applausi per tutti gli interpreti.
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