Il Teatro Sala Fontana chiude la stagione con uno spettacolo inserito nella sezione Prosa, Memorie del sottosuolo di Fëdor Dostoevskij con la regia di Roberto Trifirò, in scena dall'11 al 23 giugno.
Il primo titolo che l'autore aveva scelto per Memorie del sottosuolo era Confessione.
Ed effettivamente si tratta di una vera e propria confessione. E nella confessione dell'uomo del sottosuolo colpisce innanzitutto l'estrema e acuta dialogizzazione interiore: in essa non vi è letteralmente una sola parola monologicamente ferma, non disgregata. Sin dalla prima fase il discorso del personaggio comincia a contorcersi, a spezzarsi sotto l'influenza dell'anticipata parola altrui, con la quale l’autore fin dal primo momento entra in una tesissima polemica interna.
L'uomo del sottosuolo parla incessantemente con se stesso. Il suo senso di alienazione è tale che egli scorge l' altro anche nel suo specchio.
È il contrario di Narciso e ingiuria la creazione proprio perchè non può credere che una creatura abbietta come lui possa essere stata formata a immagine di Dio. Invidia le sostanze e il potere dei ricchi; e la sua ironia non gli basta a ripararlo dal freddo dell'inverno.
L'uomo del sottosuolo sperimenta contemporaneamente l'umiliazione e l'indispensabile coro, che, con il suo ironico commento, mette a nudo l'ipocrisia delle convenzioni. L'uomo degli abissi più profondi possiede l'intelligenza, ma non il potere, il desiderio, ma non i mezzi per realizzarlo. La rivoluzione industriale gli ha insegnato a leggere e gli ha fornito un minimo di agi, ma il concomitante trionfo del capitale e della burocrazia lo ha lasciato senza cappotto. E lui se ne sta aggrappato al suo tavolo da scrivano, sgobba con un servilismo un po' astioso, sogna mondi più vasti e la sera si trascina fino a casa. Vive in un limbo amaro tra il proletariato e la borghesia vera e propria.
L'uomo del sottosuolo è il buffone, che dice la verità, il confidente che dissipa le illusioni, è nello stesso tempo arrogante e ossequioso, energico e indolente, cinico e candido. Ascolta se stesso come un violinista ascolta il suo strumento, “si accuccia” nella sua tana e aspetta “nel suo buco”. Un senso di animalità ammorba la sua coscienza.
La tragedia dell'uomo del sottosuolo è il venir meno alla sua umanità. Lui stesso definisce la sua specie “una creatura che cammina su due gambe ed è sprovvista di gratitudine”.
Memorie del sottosuolo è un'opera fondamentale per Dostoevskij: d'ora in poi tutti i personaggi dei suoi principali romanzi avranno un sottosuolo e vi penetreranno per poi risorgere rigenerati o per affondarvi senza speranza, senza soluzione.