Teatro

Salvador Dalì - il sogno si avvicina

Salvador Dalì - il sogno si avvicina

La mostra presenta Salvador Dalì “pittore di paesaggi”, una esposizione non antologica che ricostruisce il dialogo dell'artista con i luoghi e gli spazi, spesso fantastici e inospitali, abitati da individui sottoposti e metamorfosi, da architetture in bilico fra solidità e liquidità, universi densi di rinvii alla mitologia ed alla storia dell'arte ma che profetizzano scenari post-atomici. È il regno dell'interiorità, dove riaffiorano i fantasmi dell'inconscio (meta-temporali più che a-temporali) insieme a ossessioni e inquietudini senza tempo. Sono teatri dell'assurdo che spesso, ma non necessariamente, recuperano ricordi privati, memorie familiari che il pittore rielabora dentro contesti esistenti ma resi irriconoscibili, stratificati di simboli, geografie estreme fra Spagna e Francia, prima in linea con le poetiche del surrealismo poi con riferimenti alla metafisica dechirichiana: paradisi perduti, vuoti e disabitati, eterni, silenziosi.
Accoglie il visitatore la “Venere con cassetti”, personale versione della Afrodite di Milo posizionata dentro un enorme uovo.
La prima sezione, “La stanza della memoria”, presenta il Dalì che guarda dietro di sé, che studia i capolavori del passato, li cita, saccheggiandoli e decostruendoli senza artificio anacronistico. I motivi dal passato sono inseriti in scenari esplosivi ed esplosi, segnati da deformazioni. Ecco la “Dematerializzazione del naso di Nerone” sopra un atomo il cui cuore è una melagrana, l'inquietante “Apparizione dell'Afrodite di Cnido”, gli omaggi a Claude Lorrain con la mano di Dalì che toglie il vello d'oro a forma di nuvola rivelando alla nuda Gala l'aurora dorata in un paesaggio urbano, la Pietà eco-geologica, il Velàsquez agonizzante ricoperto di uova al tegamino e una personale versione dell'Angelus di Millet in cui le pennellate gravide e materiche paiono gomme da masticare appiccicate al compensato.
La seconda sezione, “La stanza del male”, evoca gli orrori del conflitto civile spagnolo e di tutte le guerre. A cominciare dai titoli, “Spagna” e “Impressioni d'Africa”, ma anche “Idillio atomico” e “Il grande paranoico”; orrorifici ed efficacissimi un acquerello su carta dove l'interno di un bar diventa un grande teschio e “Il volto della guerra” che sintetizza il senso della guerra come nessuna parola può: l'immagine raccapricciante della guerra.
Ne “La stanza dell'immaginario” Dalì ama mettersi in scena e vive la pittura come una sorta di autobiografia mascherata, rivolto a cogliere turbamenti, dolori, malattie, ossessioni. Dal postimpressionista porto di Cadaqués ai dipinti surrealisti, che riprendono il diagramma dell'interiorità seguendo l'influsso di Freud. Ecco allora le geografie dell'anima, in cui si depositano rivelazioni intime, episodi dell'inconscio, irruzioni dell'irrazionale, attimi estratti dal flusso onirico. “Le tre età” va guardano con attenzione massima per cogliere profili e presenze dietro l'apparenza di altro; “Il giardino delle ore”; “Alla ricerca della quarta dimensione” contiene ombre, proiezioni, epifanie e riunisce icone a lui care; l'omaggio teatralissimo a Katharine Cornell; quindi un'incisione da “La vita è sogno”.
“La stanza dei desideri”: si può entrare nei paesaggi, non solo contemplarli da fuori. La “Sala Mae West” ricostruita per la prima volta, è “un sogno che funge da soggiorno”: due quadri alla parete gli occhi, il camino un naso, le labbra il divano e i capelli una cortina di tende.
L'attenzione verso i paesaggi vuoti, che si traduce in richiami a De Chirico, caratterizza “La stanza del silenzio”. Quando vi appaiono, le figure sono simili a miraggi, descritte con un linguaggio pittorico ai limiti della spiritualità. Domina una struggente nostalgia, non più il caos ai limiti del kitsch ma una misteriosa, ordinata solitudine. Qui il tempo si è fermato in istanti immutabili. Il “Crocifisso” è sospeso nel vuoto, non guarda verso lo spettatore ma vive in disparte il momento di luce ed estasi. Il richiamo agli enigmi è anche nei titoli delle opere in varie declinazioni.
I luoghi de “La stanza del vuoto” sono concepiti come personaggi dotati di autonomia, paesaggi dell'attesa sospesi fuori dalla storia, spazi apocalittici visti con luce crepuscolare: “Tavola solare”, l'enorme “Fanciulla che salta la corda”, “Donna che dorme in un paesaggio”, “Mostro bianco in un paesaggio angelico”, il celebre dittico “Coppia con la testa piena di nuvole” che viene dal MART di Rovereto, la particolare versione del ratto d'Europa collegato a formule matematiche e l'opera forse più enigmatica dell'intero percorso, “Due pezzi di pane esprimono il sentimento dell'amore”.
L'Epilogo è affidato ai disegni per il cartone animato “Destino”, prodotto da Walt Disney nel 1946.
Il catalogo contiene la riproduzione delle opere divise in sezioni ed interessanti saggi sui tempi proposti. Illuminante l'introduzione del curatore Vincenzo Trione.

Milano, Palazzo Reale, fino al 30 gennaio 2011, aperta lunedì dalle 14,30 alle 19,30, martedì, mercoledì, venerdì e domenica dalle 9,30 alle 19,30, giovedì e sabato dalle 9,30 alle 22,30, ingresso euro 9,00, catalogo 24 ore cultura – gruppo 24 ORE, infoline 02.54913, sito internet www.mostradali.it

FRANCESCO RAPACCIONI