Dopo giorni di malcontento dei lavoratori dello spettacolo per la presenza del pubblico alla kermesse, oggi la notizia dal ministero. E il conduttore Amadeus minaccia di andarsene.
Se è vero che il Festival della canzone italiana ha sempre suscitato polemiche, quest’anno sono stati anticipati i tempi. I lavoratori dello spettacolo, in sofferenza da mesi a causa del fermo dello spettacolo dal vivo, sono molto attenti alle iniziative che prevedono il pubblico in presenza, soprattutto quando si parla di teatro.
Nel caso del Teatro Ariston di Sanremo, il vociferare del pubblico in presenza, confermato da una selezione indetta dalla Rai per cercare i figuranti, ha naturalmente acceso gli animi di chi, a questo punto, si è visto vittima dell’ennesima ingiustizia. Tra petizioni e ipotesi di forme di boicottaggio, si è attesa una presa di posizione che finalmente è arrivata, quella del Ministro Dario Franceschini.
In un tweet pubblicato stamane sul social, il ministro ha chiarito la posizione in merito al pubblico in presenza dichiarando quanto segue:
'Il Teatro Ariston di #Sanremo è un teatro come tutti gli altri e quindi, come ha chiarito ieri il ministro Robero Speranza, il pubblico, pagante, gratuito o di figuranti, potrà tornare solo quando le norme lo consentiranno per tutti i teatri e cinema. Speriamo il prima possibile.’
Tra commenti e disquisizioni, il ministro ha ottenuto comunque consensi da una fetta cospicua di addetti ai lavori. Meno felice e pronto a lasciare le redini per questa decisione è invece il conduttore del Festival Amadeus, che aveva già escluso uno slittamento della kermesse e che ora minaccia l’abbandono.
Studio televisivo VS teatro: è questo il problema?
Le domande sembrano incagliarsi sempre su questo punto: perché nello studio televisivo si e nel teatro no? Le risposte sembrano orientarsi sempre nella stessa direzione: lo studio televisivo non è un teatro.
Ma di fondo, dove è la differenza? Se si debbono rispettare le misure di sicurezza, gli studi televisivi hanno lo stesso peso del teatro. I teatri si sono adeguati alle norme, lo hanno fatto per poter aprire le sale al pubblico, lo hanno fatto rispettando i protocolli imposti dal Governo.
Eppure, ad oggi, lo scenario vede alcuni studi televisivi con il pubblico presente e i luoghi dello spettacolo dal vivo chiusi: non c’è un protocollo valido per tutti, un protocollo unico che consenta equità al settore. Non ci si può nascondere dietro alla diversità della fruizione del servizio, è inevitabile che si finisca poi in una sterile querelle.
Suggeriamo a Franceschini di definire meglio le linee guida, approfittare magari proprio di questa situazione per rivedere le posizioni. Nessuno sottovaluta la complessità dell'emergenza sanitaria, ma nemmeno vuole assistere a un braccio di ferro tra norme incomplete e divisorie. Quanto ad Amadeus, forse la rabbia di un personaggio famoso può servire almeno (se non soltanto) come megafono: il pubblico in sala manca anche e soprattutto ai lavoratori dello spettacolo... con la differenza che lui, sul palco, almeno ci può stare.