In pieno svolgimento a Venezia il "Festival Lalo", promosso dalla Fondazione Palazzetto Bru Zane.
Quello di Éduard Lalo (1823-1892) è un destino comune a molti musicisti: esser oggi conosciuti e ricordati per un solo lavoro orchestrale (la notissima Symphonie espagnole scritta nel 1875 per Pablo de Sarasate), o per un singolo titolo teatrale (in questo caso Le Roy d'Ys, colorito grand-opéra del 1888 tuttora in repertorio). E ciò malgrado nella sua attività di compositore abbia accumulato un cospicuo corpus di opere, ed avesse goduto - almeno negli ultimi vent'anni di vita, nei quali si raggruppa la maggior parte delle sue opere principali - di un notevole apprezzamento del pubblico e d'un considerevole prestigio negli ambienti artistici parigini. Membro fondatore del celebre Quartetto Armingaud nel 1856, e tra i promotori nel 1871 della prestigiosa Société Nationale de Musique, nella prima parte della sua carriera Lalo si dedicò in prevalenza alla musica da camera, subendo come molti altri coetanei l'influenza dei maestri tedeschi, ma si accostò subito anche alla mélodie, versione tutta francese del lied lanciata da Berlioz e Gounod, la cui popolarità tra i compositori di Otto-Novecento coinvolse sia firme un po' retrò come David, Hahn e Delibes, sia decisamente progressiste quali Ravel, Poulenc, Debussy. E soprattutto accese l'estro di Gabriel Fauré, l'autentico principe di questo raffinato ed elitario genere.
Alle mélodies di Éduard Lalo, create in un arco di tempo che va dal 1848-49 al 1887, è stato dedicato il terzo degli appuntamenti del “Festival Lalo” che il Palazzetto Bru-Zane ha promosso nella sua sede veneziana, partito dalla metà di settembre e che si concluderà ai primi di novembre. Un'intelligente cernita le ha viste accostate, aprendo altri orizzonti, ad altre di suoi contemporanei quali Chausson, Massenet, Widor e Franck; è stata offerto in tal modo all'ascoltatore un quadro abbastanza significativo di queste delicate composizioni da salotto, che non è errato considerare quasi più letterarie che musicali per la massima attenzione che deve essere rivolta alla resa dei versi, pretendendo dagli interpreti cospicue doti di narratore, oltre che di cantante. E parimenti, al pianista che lo sostiene la capacità di evocare con pochi tratti – l'accompagnamento non è mai di norma preponderante – i timbri ed i colori di un'orchestra immaginaria.
In questo caso, al pianoforte sedeva il bravo Antoine Palloc, abituale accompagnatore di Jennifer Larmore e Federica Von Stade, mentre due giovani e sensibilissimi cantanti - il soprano Marion Tassou ed il baritono Thomas Dolié - alternando interventi singoli ad altri condotti a due voci hanno conferito grande intensità alle musiche, e pienezza ai versi di scrittori celebri quali Hugo (peraltro notoriamente contrario ad essere coinvolto in queste imprese), De Musset, Balzac, Daudet, e di altri meno noti come Silvestre, Distel, Banville. Oppure d'altri autori rimasti nell'ombra, ma non per questo trascurabili, vedi lo struggente testamento tramandato dal celebre chansonnier francese Pierre-Jean de Béranger, intitolato Le vieux vagabond, e rimusicato da Lalo: riepilogo amarissimo, nelle ultime ore di vita, di un'esistenza senza riscatto, condotta da un vecchio mendicante ai margini d'una società che l'ha sempre respinto: «In questo fosso cesserò di vivere / io muoio vecchio, stanco e malato...La strada, ahimé, mi ha allevato / da vecchio vagabondo, morirò dove sono nato».
Appuntamento da non perdere è quello del prossimo concerto del 6 ottobre – sempre nella sala del Palazzetto Bru Zane – dedicato questa volta interamente a Lalo con l'apporto del baritono Tassis Christoyannis e del pianista Jeff Cohen, i due valenti artisti che hanno recentemente pubblicato un doppio CD contenente l'integrale delle sue mélodies.