Teatro

Simone Cristicchi e 'Magazzino 18' il 10 gennaio a Torremaggiore

Simone Cristicchi e 'Magazzino 18' il 10 gennaio a Torremaggiore

Magazzino 18? È il racconto di una pagina buia e ancora poco conosciuta, anzi volutamente nascosta per troppi decenni dalla storiografia ufficiale italiana, degli esuli italiani provenienti dall'Istria e dalla Dalmazia all'indomani della fine del secondo conflitto mondiale.

Simone Cristicchi racconterà questa storia - quella di un magazzino nel Porto Vecchio di Trieste in cui i profughi lasciarono le loro proprietà, in attesa di poterne in futuro rientrare in possesso - sabato 10 gennaio al Teatro Rossi di Torremaggiore (FG), in occasione dell'apertura ufficiale della stagione di prosa 2014/2015, promossa dal Comune e con il supporto organizzativo del Teatro Pubblico Pugliese.

Prodotto da Promo Music/Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, scritto da Jan Barnas, per la regia di Antonio Calenda, Simone Cristicchi, interprete e autore di musiche e canzoni inedite, partirà proprio da quegli oggetti privati, ancora conservati al Porto di Trieste, per riportare alla luce ogni vita che vi si nasconde: la narrerà schiettamente e passerà dall’una all’altra cambiando registri vocali, costumi, atmosfere musicali, in una koinée di linguaggi che trasfigura il reportage storico in una forma nuova, che forse si può definire “Musical-Civile”.

Con il trattato di pace del 1947 l’Italia perdette vasti territori dell’Istria e della fascia costiera, e quasi 350 mila persone scelsero – davanti a una situazione intricata e irta di lacerazioni – di lasciare le loro terre natali destinate ad essere jugoslave e proseguire la loro esistenza in Italia. Non è facile riuscire davvero a immaginare quale fosse il loro stato d’animo, con quale sofferenza intere famiglie impacchettarono tutte le loro poche cose e si lasciarono alle spalle le loro città, le case, le radici. Davanti a loro difficoltà, povertà, insicurezza, e spesso sospetto.

"Magazzino 18" racconterà anche la difficile situazione degli italiani che non lasciarono le loro case, o quella gravosa dell’operaio monfalconese che decide di andare in Jugoslavia, o del prigioniero del lager comunista di Goli Otok.