Teatro

Special Fringe - Fermarsi a Piazza Garibaldi, ed osservare

Special Fringe - Fermarsi a Piazza Garibaldi, ed osservare

Fermare lo sguardo disattento su tutto ciò che scorre quotidianamente senza quasi più senso, nel riprodursi delle mille ripetizioni di scene ormai non più percettibili a causa della deprivazione di interesse cui le abbiamo relegate: come portare su un palcoscenico questo materiale, conservando un canone che lo nobiliti e gli conferisca l’interesse dell’osservazione? Deve essere stata questa una delle domande che si è posta la compagnia Maniphesta Teatro, avviando il lavoro necessario a portare in scena Napoli Piazza Garibaldi.

Il primo aspetto che risalta, perciò, è quello che non si vede, ciò che sta dietro il palcoscenico, ed è il lavoro di ricerca e produzione, che per mesi ha significato calarsi nel rumore, nella folla, nella massa di azioni e movimenti a prima vista inutili e privi di importanza, fra clandestini, passanti, traffico, lavori perenni in corso, commercianti abusivi e non, etnie, piccole e grandi lotte per la sopravvivenza, oscenità, violenza, episodi di misericordia e sorprendenti azioni di fratellanza: non sarà difficile per nessuno riconoscere in tutto questo la vera Piazza Garibaldi, ma la particolarità è quella di averla saputa riprodurre ed interpretare attraverso una ininterrotta serie di caratterizzazioni che hanno trovato toni interessanti per l’uso della voce e la suggestione delle scene, supportati da rilievi fonici e filmati in stile neorealista che accompagnano la narrazione e formano un contrasto acceso con l’esplosione scenica dei colori: una efficace immersione nella realtà che risponde alla domanda iniziale, e conferisce valore alle mille occasioni di esplorare personaggi e vicende che altrimenti andrebbero perse (come avviene infatti nella realtà), in una ricostruzione cui avrebbe giovato, a nostro parere, anche qualche intreccio narrativo persistente.

La regia di Giorgia Palombi ha lasciato una discreta percentuale di autonomia al lavoro di personalizzazione degli attori sui loro non-protagonisti, che si sono avvicendati con ritmi e tempi a volte quasi ossessivi, segno di concentrazione e convinzione su un progetto a cui hanno saputo conferire gli elementi che la loro poetica del caos richiedeva.