Chissà se aveva in mente proprio l’espressione “fare le scarpe” Michele Santeramo, autore della breve e feroce pièce Le scarpe, quando ha scelto l’oggetto che intitola e pervade la drammaturgia di questo lavoro. Fare le scarpe, ossia sopraffare, ingannare. Nel serrato quadro dai toni di commedia, ma dal sapore piuttosto amaro, le vite di cinque personaggi sono intrecciate da rapporti interpersonali instabili ed ambigui, ove ognuno si vive la propria insopportabile quotidianità agendo in un sistema di intenzioni verbali ed emotive segnato dal degrado; ogni personaggio difende i residui della propria identità attraverso la restrizione dell’altro, fino al punto in cui la meschinità e l’inganno diventano elementi abituali del linguaggio, arbitrari o superflui ma irrinunciabili.
La scrittura è basata su un intreccio corposo e vivace, con un grigiore malinconico di fondo contrappuntato da occasionali elementi umoristici, che mantengono un carattere tutto sommato antinaturalistico alla storia: i personaggi non sono che figure esemplari di una vicenda ripetibile all’infinito, perché –- sembra leggersi nelle intenzioni dell’autore – il deterioramento delle relazioni umane non riguarda questa storia particolare, ma la società tout court. Giusta dunque la scelta di scrittura di non creare “cuciture” narrative per ricomporre i conflitti, progettando un’accumulazione crescente, in cui ogni piccola violenza si somma alla precedente e la amplifica. A tratti la drammaturgia appare ancora in fase di definitivo assestamento, per via di alcuni snodi narrativi eseguiti con mano meno sicura, e per la molesta ambientazione a ridosso del Natale – stereotipo dell’occasione familiare gioiosa, naturalmente tradita dal crescendo di tensione tra i personaggi – che fa incombere sulla scena la sovrapposizione con l’analoga situazione del Natale in casa Cupiello di Eduardo.
La regia di Michele Sinisi (nella foto) lavora sullo scarto fra elegia mancata e conflitto, accentuando la personalità del protagonista – ben interpretato dallo stesso Sinisi – che riscatta la fragilità fisica con una relativa robustezza morale; complessivamente un po’ acerba la prova degli attori, che uno sforzo generale di sottrazione potrebbe rendere più adeguati alla scrittura. Interessante la scenografia e abbastanza indovinati i piccoli interventi sonori dall’esterno.