Teatro

Speciale 50 anni TSA: Piera Degli Esposti e il libro di Errico Centofanti

Speciale 50 anni TSA: Piera Degli Esposti e il libro di Errico Centofanti

<< E' stato questo teatro, è stata questa città che mi ha dato la possibilità di diventare un’attrice, com’è oggi, con un consenso così alto. Lo debbo a delle persone molto coraggiose che non posso naturalmente non ricordare, che sono Luciano Fabiani, Giuseppe Giampaola e Errico Centofanti. […] Penso che era il minimo che potessi fare, venire a questa festa! >>

A dirlo è Piera Degli Esposti, attrice, per diversi anni, simbolo del TSA, quando ancora il Teatro Stabile d’Abruzzo si chiamava Teatro Stabile dell’Aquila (prima di divenire Teatro Stabile Abruzzese).
Nei suoi 50 anni di vita istituzionale, infatti, l’Ente Teatrale Abruzzese ha cambiato tre nomi ed ha visto debuttare e/o crescere alcune delle maggiori glorie teatrali nazionali.
Tra essi, appunto la Degli Esposti che ieri (28 ottobre 2013) era a L’Aquila per partecipare ai festeggiamenti organizzati dal Teatro Stabile d’Abruzzo e dal Consiglio regionale: un incontro pubblico sui 50 anni del “passato” del TSA e una “Serata d’onore”, entrambi ieri (28 ottobre) e poi un incontro sulla ricostruzione del Teatro Comunale (oggi, 29 ottobre).

Partiamo dal primo, cioè l'incontro dal titolo "TSA. Cinquant'anni dopo - Con la partecipazione di Piera Degli Esposti", tenutosi presso l'Auditorium del Parco a L'Aquila.
Il Consiglio Regionale ha promosso la realizzazione di un video-documentario “TSA50” a cura di Francesco Paolucci e la pubblicazione di un libro scritto da Errico Centofanti, ricordato per tradizione come uno dei fondatori e traghettatori del TSA negli anni di spicco dell’ente (insieme a Luciano Fabiani e Giuseppe Giampaola che non ci sono più) e quindi memoria storica.
I suoi ricordi sono raccolti in “Cinquant’anni dopo: azioni e divagazioni da con in per sopra sotto attraverso il TSA”, per i tipi di Textus edizioni (L‘Aquila, 2013). Un titolo abbastanza eloquente. E nel quale si definisce Piera Degli Esposti << un formidabile strumento d’intelligenza scenica attraverso il quale la linea del TSA, con l’apporto d’una molteplicità di collaborazioni registiche, avrebbe potuto trovar modo di esprimersi validamente. >>
Parti del libro sono state lette a cura dell’Ass. cult. Ricordo (da Luca Serani, Matteo Di Genova e Andreas D’Amico, accompagnati musicalmente da Alessia Centofanti) e lo storico Walter Cavalieri ha ricostruito uno scenario italiano ed aquilano del 1963, anno al quale si fa risalire la nascita dell’ente, avvenuta, per l’appunto, il 28 ottobre.


L’amore per il teatro e la forte volontà costitutiva di un teatro stabile sono stati gli elementi basilari che, seppure accompagnati da un impegno politico e da un viaggio a Genova dei tre “eroi” fondatori dell’ente per assistere ad un’assemblea dei teatri stabili allora esistenti e nella quale, dice nell’intervista nel documentario Errico Centofanti, ebbero l’appoggio di Paolo Grassi (allora direttore del Piccolo di Milano), il TSA sembra essere nato da una sorta di alchimia.

Tra gli spettacoli con Piera Degli Esposti, circa una decina realizzati a partire dal 1969, viene spesso ricordata la “Passione” del 1997-‘98, terza ri-edizione del TSA di una “Rappresentazione della Passione” diretta da Antonio Calenda con musiche di Germano Mazzocchetti (altro celebre artista che ha iniziato a muovere i primi passi in campo teatrale proprio qui, componendo musiche per quasi una decina di opere teatrali dirette da Calenda e Navello), che, in quell’anno, realizzata all’interno della Basilica di Collemaggio a L’Aquila (e poi altrove), vide la partecipazione della signora Degli Esposti nel difficile ruolo di Maria (e Giampiero Fortebraccio in quello di Juda – così come lo era stato nel 1978 in occasione della prima edizione dell’opera, a fianco di Elsa Merlini e Aldo Puglisi). La seconda edizione dello spettacolo, quella del 1983 (nel quale la Degli Esposti e Fortebraccio non c’erano), come ricorda il video-documentario, tra il Canada e l’Australia aveva superato le 170 repliche!
Tra gli altri personaggi interpretati da Piera Degli Esposti per il TSA, c’è Aurelia di “La pazza di Chaillot”, un ruolo da centenaria interpretato quando era poco più che trentenne e che nell’intervista pre-spettacolo lei dice di aver amato perché << mi piace moltissimo la trasformazione. >> Al suo fianco c’erano Tino Schirinzi e Aldo Miranda. Era diretta da Giancarlo Cobelli, così come lo fu anche nei successivi “La figlia di Iorio” e “Antonio e Cleopatra”.
Con Calenda, invece, andando a ritroso nel tempo, ha partecipato a “La cortigiana” di Aretino, un paio di opere di Eschilo della trilogia “Orestiade” (“Le coefore” e “Agamennone”) ed infine “Operetta” di Gombriwicz. Questa fu la sua prima pièce al TSA; era affiancata da un ricco cast di attori comeVirgilio Zernitz, Viviana Toniolo e Gigi Proietti (il quale curò anche le musiche di quello spettacolo insieme a Fiorenzo Carpi) che aveva debuttato con lo stabile aquilano un anno prima, sempre diretto da Calenda (alla sua prima regia per il TSA) con "Il Dio Kurt".
Tutti e tre, Calenda, Proietti e la Degli Esposti provenivano dalla cantina romana del 101 e lei racconta che fu Antonio Calenda a fare da contatto con i tre responsabili del TSA perché li vedessero recitare a Roma e li scritturassero per il loro teatro di L’Aquila.
In ogni caso, la protagonista di punta delle produzioni dei primi anni ’70, con qualche interpunzione interpretativa successiva, era lei. Sicuramente fu un grande inizio per il TSA che seguì alle prime opere con i pupazzi di Maria Signorelli e alle pièces dirette da registi come Paolo Giuranna (con la partecipazione di Achille Millo, Ugo Pagliai, Nino Taranto e Mario Maranzana che fu anche regista), Anna Laura Messeri e Valerio Zurlini.
Nel corso della conferenza stampa, Francesco Flamminio ha presentato Piera Degli Esposti come << la colonna artistica, il pilastro da cui sono nati i primi successi del TSA>>.
 


Nell’intervista condotta da Francesco Paolucci, Piera Degli Esposti ha toccato alcuni punti della sua carriera, a cominciare da cosa è un attore. Dice: << Il lavoro dell’attore è un lavoro arduo e splendido perché, a mio avviso, l’attore deve consolare. Consolare della morte, dei lutti, degli abbandoni, della vecchiaia e via via. Ecco, dunque, per consolare, naturalmente, l’attore deve conoscersi, conoscersi a fondo per poi donarsi. E’ come una partita tra l’attore e il pubblico. […] non conta la bella dizione, il bel porgere, l’essere disinvolti. Tutto questo non conta niente. >>
Poi c’è il ricordo della città di L’Aquila, che lei percorreva per fare la memoria dei suoi personaggi o per vivere momenti di intimità con se stessa. Quando il giornalista le chiede quale effetto le faccia tornare adesso (dopo il sisma), colpisce il silenzio della sua voce che precede il ricordo del << rumore >> del vociare del grande affollamento di persone che invadeva giornalmente le strade principali del centro cittadino.
Il suo parere sulle nuove generazioni riguarda lo studio che oggi manca, rispetto al mero apparire dato dalla televisione: l’attore per lei deve avere una maggiore conoscenza, comprensione emotiva come un << infermiere dell’anima >>, più calma e fede.
Sulla sperimentazione teatrale oggi in Italia, poco prima aveva affermato: << Non penso che oggi ci sia questa facilità di andare come si andava allora nei teatri nelle cantine dove eravamo noi. […] Era la possibilità però allora che offriva anche la cultura. Una cultura che scendeva nelle strade, che entrava in posti scomodi. Oggi c’è una grande invasione, diciamo così, di una cultura che non si può definire “cultura televisiva”. E di conseguenza anche il teatro risente di questa necessità di visibilità.>>

Dice che il teatro e la cultura sono cambiati perché le persone oggi hanno necessità di “esistere”, non di “conoscere”. Sembra che oggi rispetto ad allora ci sia un maggior disinteresse: << Oggi tutte le persone, tutti, hanno bisogno di essere invitati in televisione, di esistere attraverso la visibilità, cioè non di conoscere: esistere. Ora questo crea una situazione un po’ più grave. Però io mi auguro che questo possa finire o comunque che possa ricominciare quello che è stato. >>