Teatro

Speciale Fringe 2013

Speciale Fringe 2013

Deae et Medeae


Deae et Medeae ripropone senza variazione alcuna i cliché della donna che si dispera per amore, presentandone varie incarnazioni in altrettanti monologhi, da quella isterica e aggressiva a quella depressa e mite, interpretati da Emy Cannata con un nervosismo più dell'interprete che del personaggio. 

Donne il nodo centrale della esistenza delle quali è sempre ed esclusivamente l'amore, per un uomo beninteso, tutte col cuore infranto e lo stesso incapaci di fare a meno di loro. Donne egotiste tutte incentrate sul proprio bisogno di amore senza che il bene amato venga considerato come l'altro da sé col quale costruire una relazione.

La drammaturgia, nel presentare dei personaggi così prevedibili, più che mirare a una presentazione critica di questi topoi, già esplorati fino alla nausea, ai quali nulla aggiunge e nulla toglie,  ricerca la compassione del pubblico femminile, che pretende di rispecchiare, e strizza l'occhio con malcelata misoginia al pubblico maschile lasciando intendere che l'intemperanza e l'iperbole dello struggersi per amore di queste donne  ha nefaste conseguenze anche per loro, i maschi, che invece per amore non si struggono mai.

Più che donne che soffro per amore le donne di dee e Medee finiscono col apparire delle grandi rompiscatole, uterine e irrazionali come certo sentire a quanto pare non solamente maschile, le pretende e le descrive.

Anche i proclama di una di queste donne che, afferma a un certo punto, colta dall'ira di non avere bisogno di loro se non per il loro seme, non si muovono  mai davvero in un universo di autoemancipazione e liberazione femminili, ma rimangono in un orizzonte essenzialmente patriarcale. Una donna libera non dice al maschio non ho bisogno di te, esiste e agisce come soggetto senza di lui e basta.

La regia, di Isabella Duchanne, timida e approssimata, si limita ad alternare i monologhi con delle canzoni, moderne e squisitamente pop,  fatte sentire dalla prima all'ultima nota, sulla scena vuota e buia, per aspettare gli interminabili cambi d'abito dell'attrice, quando non finisco per esondare anche all'inizio del monologo successivo comprendo con un volume troppo forte la voce dell'attrice.
Meglio la canzone eseguita dal vivo a chiusura di spettacolo dalla perfomer (così viene definita nel comunicato stampa) Clelia che interpreta una canzone del repertorio relativamente più recente di Mina e dunque meno conosciuto.

Deae et Medeae  non si distingue né per la regia né per la drammaturgica e nemmeno per la caratterizzazione data ai personaggi, mostrando delle donne illuminate da un'antica  e maschilista idea di eterno femminino che pretende di nobilitarle facendone delle dee e delle medee  avulse da ogni umana realtà nella quale invece queste donne sono ben più complesse e umane persone.