Teatro

Speciale NTFI 2014: Kaspar, l'elfo, il cavallo ed il sogno noir di Hermanis

Speciale NTFI 2014: Kaspar, l'elfo, il cavallo ed il sogno noir di Hermanis

E’ la figura immota di un docile e lunare piccolo cavallo bianco, posta al centro di una scenografia totalmente buia, ad essere prescelta da Alvis Hermanis, regista di Die geschichte von Kaspar Hauser“, in scena il 21 e 22 giugno all’interno del Napoli Teatro Festival Italia 2014, per traghettarci all’interno della misteriosa esistenza di un adolescente, Kaspar Hauser. Era il maggio del 1828 quando comparve in una piazza di Norimberga solo ed incapace di esprimersi, al netto del saper scrivere il suo solo nome. Il ragazzo, con la sua storia di prigionia in un luogo sconosciuto ed ad opera di ignoti, attrasse a sé l’attenzione ma soprattutto la pettegola e prurigionosa curiosità della società borghese del tempo, bulimica di estetica romantica.

L’artista lettone pone in immediata evidenza una narrazione extradiegetica per mezzo della frammentazione del narrato in scene, ognuna delle quali, presentata da una delle figure in nero che, posta a lato del proscenio, suona un piano di accompagnamento. Le sequenze così disposte appaiono come pagine di un diario ovvero di un album fotografico. Altrettanto esplicita è, da subito, la volontà di Hermanis di raccontarci questa storia non quale indagine di una misteriosa esistenza ma come profonda analisi dell’animo umano. Al tal fine lo strumento della poesia e della narrazione metaforica trasformano la società norimberghese in una comunità di piccoli omini, interpretati da bambini travestiti da anziani e abbigliati alla graziosa moda del tempo. Le loro figure sono quelle di fantocci, di vere e proprie marionette, poiché i loro gesti e parole provengono da figure poste alle loro spalle che, vestiti totalmente in nero, manovrano le loro azioni. L’unico adulto è proprio Kaspar che si aggira, in modo impacciato e claustrofobico, in questo ambiente come calato all’interno di una “casa di bambole”. Si svolge in questo contesto il processo di apprendimento del giovane; dallo stato naturale a quello di cultura. Ma lo sviluppo più evidente è quello legato alla coscienza di sé, della propria spiritualità ed ai limiti posti ad essa dalle convenzioni sociali imposte; più dure e pervicaci della prigionia provata. La morte di Kaspar è l’unico epilogo possibile al fine di liberarsi da queste nuove catene.

Il regista tratta il tema dell’innocenza perduta con sapienza, portando il piano del narrato in un contesto totalmente onirico e fantastico. L’incubo di cui ci rende partecipe ha le dimensioni di una comunità di bambini, che portano i segni della loro infanzia solo nelle dimensioni corporee, più simboleggianti la loro piccolezza di spirito che le reali fattezze infantile. La loro pelle è grigia ed arsa come l’avvizzita società borghese europea che rappresentano e le loro azioni non esistono se non come simulacro di una volontà altra, occulta, dal volto ignoto. Kaspar diversamente, seppur anagraficamente giovane, è un gigante al loro cospetto per quanto puro nello spirito e libero nell’animo. La raffinata poetica dell’autore, infine, utilizza quel piccolo cavallo bianco, di cui al prologo, come viatico di una speranza. Il nano-elfo, che accompagna il piccolo cavallo bianco e coglie Kaspar nel sonno, rubandogli il diario dove egli ha trascritto la propria biografia, è, secondo la tradizione popolare nord-europea, un essere spettrale che appare negli incubi delle fanciulle così come nella tela, "L’incubo", del pittore romantico Johann Heinrich Füssli. Nella realtà deforme in cui Kaspar vaga, seppur permanendo la profonda connotazione onirica, i mostri fuoriusciti dall'incubo rappresentano la forza e l'impeto con cui la coscienza del protagonista cerca di liberarsi dal giogo subito. Confortante pertanto risulta essere la scena finale, in cui il cavallo, volte le spalle alla platea, osserva suonare, quieto e benevolo, i vecchi-bambini; liberandoci definitivamente dall’incubo narrato. La piecé nel suo insieme risulta un'opera dalla forza espressiva di indiscusso carattere e bellezza. La scenografia, il disegno luci e le musiche sono l’esatto contrappunto alla drammaturgia eseguita. Infine si allinea perfettamente, alla talentuosa opera di Hermanis, la padronanza scenica ed interpretativa dell’intera compagnia.