Tratto dall’omonimo romanzo dello scrittore e giornalista austriaco Daniel Glattauer, lo spettacolo Le ho mai raccontato del vento del nord, con la regia di Paolo Valerio, è andato in scena alla Galleria Toledo. La storia è quella di un legame intenso ma virtuale che si instaura tra due perfetti sconosciuti, Emmi Rothner e Leo Leike, a causa di una mail inviata all’indirizzo sbagliato.
Da un lato e dall’altro della scena, due interni con ampie finestre: uno è la stanza di Emmi (Chiara Caselli), l’altro quello di Leo (Roberto Citran), sullo sfondo una parete bianca sulla quale vengono proiettate delle immagini e alcune delle mail che i due scrivono. Come in una favola moderna, Emmi e Leo si scoprono e si innamorano lentamente attraverso un scambio epistolare in cui il potere delle parole diventa più forte del desiderio di incontrarsi per non restare delusi dall’idea che l’uno si è fatto dell’altra. Un testo molto bello ed avvincente, ma allo stesso tempo di difficile resa teatrale.
Paolo Valerio immagina lo scambio di mail come un dialogo diretto tra i due protagonisti, che si muovono in un'unica grande stanza che ne contiene altre due, separate da un muro invisibile e invalicabile; ma lo spazio ridiventa unico attraverso le immagini che di tanto in tanto vengono proiettate sulla scena. La scintilla registica però non scatta, e il meccanismo teatrale cercato resta poco convincente. Anche la scelta di utilizzare dei microfoni ad archetto allontana gli attori, per quanto bravi, dal ricercare un linguaggio teatrale che li faccia diventare i veri protagonisti dello spettacolo; a dominare la scena resta solo il testo, tanto che in alcuni momenti sembra di assistere più ad un reading che ad una rappresentazione, e del “vento del nord”, che tormenta Emmi perché scompiglia le sue certezze, non si avverte che un lontano fruscio.
Da segnalare che la serata è stata continuamente disturbata dal rumore degli scatti dei fotografi sul fondo della platea. Il pubblico esce dalla sala molto infastidito, ed alcuni si avventano sui fotografi che rivendicano di aver soltanto svolto il loro mestiere. Un episodio spiacevole, da aggiungere alle ulteriori proteste per il fatto di aver riservato la maggior parte dei posti migliori alla stampa e non al pubblico pagante. Ci auguriamo che resti un caso isolato.