10 anni per scriverlo. 20 anni in un baule. Uscito postumo prima in una edizione a tiratura limitata. Poi il successo francese e tedesco e quindi anche quello italiano fino alla pubblicazione per Einaudi.
Si stenta a credere vere le vicissitudini editoriali di L'arte della gioia di Goliarda Sapienza.
Il romanzo è magnificamente scritto e concepito e si legge tutto di un fiato nonostante la cospicuità delle pagine, grazie a un racconto privo di fronzoli che si apre con Modesta, la protagonista, che racconta la scoperta, da bambina, del proprio corpo sessuato e la seduzione di un ragazzo più grande di lei.
Un personaggio che da subito decide e non si lascia decidere, e, crescendo, si districa tra gravidanze, uomini e amori per altre donne. Un racconto diretto, sincero, senza sovrastrutture, senza "rivendicazioni" eppure rivoluzionario per una affabulazione scevra di mediazioni letterarie, narrative o ideologiche.
Una materia incandescente che Silvia Manciati ha adattato per la scena per la compagnia Arcadia delle 18 lune con altrettanta felicità intitolandolo Perché non ci lasciano giocare con la terra?
La regia di Alessia Barbieri Pomposelli allestisce una scena coperta di terra dalla quale spicca, posta su una sorta di piedistallo, Viola Sartoretto (autorevole nella presenza scenica quanto efficace nella sua dizione perfetta) l'attrice che dà corpo e voce a Goliarda Sapienza fungendo anche da io narrante del romanzo, istaurando dei paralleli tra lei e Modesta (magnificamente interpretata dalla stessa Manciati) sottolineando più che inesistenti coincidenze biografiche alcune sovrapposizioni e affinità tra le due donne, quella della vita reale e quella d'invenzione.
Silvia Manciati e Arianna Paravani dislocano Modesta sdoppiandola e intrecciandola con la Goliarda di Sartoretto, interpretando anche gli altri personaggi femminili che Modesta incontra nel suo cammino, e al contempo, anche quelli della vita di Goliarda.
Un legame tra autrice e personaggi sottolineato scenicamente da una lunga fascia che lega attore e altre attrici a Viola Sartoretto.
Un cordone ombelicale, una corda di ormeggio tramite cui Goliarda tiene a sé le creature di sua invenzione anche quando queste lasciano il palco e si avventurano in platea, tra il pubblico e oltre.
Davide Maria Marucci interpreta con dolcezza e sensualità virili Tuzzu, il ragazzo che Modesta seduce da bambina, e, con indovinata prosopopea, le altre ricorrenze maschili del racconto, tra padri molestatori (nel mondo di Modesta) e intervistatori maschilisti e altrettanto molesti (Enzo Biagi - su youtube si trovano stralci dell'intervista, verificate personalmente - che tratta la scrittrice con un paternalismo fascista e misogino) in quello di Goliarda.
In questa opera di smarcatura e confronto tra autrice e personaggi Manciati si è avvalsa dalla bella biografia “La porta è aperta. Vita di Goliarda Sapienza” di Giovanna Providenti per una triangolazione perfetta tra Goliarda, Modesta e il teatro sulle cui tavole la vita di queste due donne prende corpo. Senza nulla togliere a Sartoretto e Manciati, Arianna Paravani ci ha emozionati per la capacità che ha di passare da un registro all'atro e da un personaggio a quello successivo.
Perché non ci lasciano giocare con la terra? più di una trasposizione costituisce una vera e propria incarnazione scenica di Modesta e di Goliarda, confermandosi uno degli spettacoli più riusciti di questa terza edizione del Roma Fringe Festival.
Uno spettacolo che ci piacerebbe vedere in finale.
A repliche terminate e voto già espresso possiamo dirlo apertamente.
Roma Fringe Festival 2014 Perché non ci lasciano giocare con la terra?