Due donne in scena.
Due amiche.
Omologhe (vestono uguali), entrambe partenopee.
Si incontrano ogni giorno per trascorrere del tempo insieme.
Cercano di parlarsi (dice dice, posso dicere? Eh no sta zit), ma attitudini e comportamenti, tic caratteriali e verve dialettale si mettono di traverso e la comunicazione rimane in potenza, non detta ma annunciata, non eseguita ma anticipata, tra ammiccamenti e ritmica gestuale, del volto, delle mani, del corpo, inserendosi negli interstizi di una amicizia fatta di estrema solitudine, competizione, curiosità e di una innocenza che fa invidia.
Suddiviso in piccoli quadri Zit Esistenziali speculazioni silenziose sul niente da dire costituisce l'omologo teatrale degli esercizi di stile di Queneau, dove le parole, praticamente assenti - tranne alcuni tormentoni, dice e zit, con qualche variazione improvvisa (stanca) - sono sostituite dall'intenzione dei gesti, dell'inflessione dei discorsi non fatti ma annunciati, da quel sottotesto e, di quadro in quadro, metatesto, tramite il quale lo spettacolo dice molto senza dirlo esplicitamente, dimostrando molto meglio dei testi di linguistica come la comunicazione umana avvenga anche tramite l'idioletto, quella versione individuale della lingua che parliamo per comunicare, qui ridotta alle sue componenti paralinguistiche e del linguaggio del corpo.
Scritto, improvvisato e interpretato da Chiara Casarico e Tiziana Scrocca, entrambe in stato di grazia, Zit fa ridere fino a far mancare il respiro, capace di cogliere ogni reazione del pubblico e farla diventare parte dello spettacolo (come quando una delle due amiche finge dei colpi di tosse per coprire il rumore del foglio strappato da una rivista, e per giustificare quella tosse inaspettata indica quella vera del pubblico in sala).
Una comicità che non è mai fine a se stessa ma è sempre l'attestazione di un sentire squisitamente umano, ironico e autoironico, che coglie aspetti dell'animo umano (la competizione infantile, la voglia di prevaricazione, l'indolenza, la solitudine, la malinconia) restituendoli con placida bontà d'animo, scevra di ogni cattiveria, con una sincerità candida e spiazzante che non diventa mai autoassoluzione ma, al contrario, un'esortazione a essere, a vivere, a cambiare e cambiarsi.
Uno spettacolo che quando lo si è visto lo si cerca nei cartelloni per andarlo a rivedere, perché se le risate sincere fanno bene all'anima, quando provengono da un lavoro magnificamente pensato, scritto, messo in scena e interpretato, donano gioia di vivere.
Provare per credere.
Roma Fringe Festival 2014 - Zit Esistenziali speculazioni silenziose sul niente da dire