Quattro performer in scena allestiscono una serie di situazioni coordinate e, forse, determinate da una presenza anziana e maschile.
Senza l'ausilio della parola, con delle maschere di cartapesta autoprodotte e dipinte di bianco e l'ausilio di parrucche che caratterizzano età sesso e attitudine dei personaggi (il demiurgo sembra uno scienziato pazzo dai capelli grigi) tramite, ancora, dei costumi precisi e mai sopra le righe, le quattro presenze raccontano vari aspetti della vita umana, il matrimonio e la nascita (e ogni volta che la coppia fa l'amore, il letto posto verticalmente sulla scena il bambino nato subito dopo l'atto); i rimorchi adolescenziali fatti in discoteca non direttamente, anche se si è a pochi metri di distanza l'uno dall'altra, ma tramite cellulare; il ménage familiare (madre che alletta la figlia che ha paura del buio, e dei gatti; madre che va al supermercato con il figlio, i prodotti in vendita appesi a due appendiabiti) dove l'arte grande e magnificamente eseguita del racconto mimico si coniuga sempre o quasi sempre con un discorso sull'uomo e la donna, sul genere umano (e donnano).
Poetico, commovente e geniale il corteggiamento a tre tra una signora anziana concupita da un vecchietto a sua volta oggetto di attenzioni amorose e profferte di fiori da parte di un altro vecchietto.
Fino alla morte che è la fine di un ciclo prima dell'inizio del ciclo prossimo con una nuova nascita.
Molti i motivi per ridere, e commuoversi durante la visione di Zitti Zitti, un lavoro dove la bravura delle interpreti (Manuela Sanna, Manuela Ragusa, Roberta Locci e Valeria Pilia che firma anche la regia), bravissime nel restituire con la postura gli atteggiamenti maschili e femminili senza esagerare o proporne una macchietta ma cogliendone l'essenza con occhio vigile e rispettoso è tutta al servizio di un arte che si possiede pienamente e della quale non si fa sfoggio ma si dà tributo, competente e umanissimo.
Roma Fringe Festival 2014 - Zitti Zitti