Teatro

SPECIALE TEATRO-FESTIVAL-ITALIA: Latella e l'illuminismo ingabbiato

SPECIALE TEATRO-FESTIVAL-ITALIA: Latella e l'illuminismo ingabbiato

Visionaria e cerebrale, così potremmo definire sinteticamente la mastodontica messa in scena della Trilogia della villeggiatura che Antonio Latella ha diretto su testo di Letizia Russo, ispirandosi all’omonima opera di Carlo Goldoni. Sì, proprio così, ispirandosi; perché a differenza di quanto dichiarato dai credits in locandina e nel programma del Teatro Festival Italia, quella che è andata in scena al Teatro San Carlo di Napoli non è l’opera di Goldoni, di cui l’autrice ha tenuto il plot narrativo, qualche dialogo ed i personaggi, ma un’operazione drammaturgia totalmente straniante rispetto all’originale, in cui ha osato molto più di quanto non fece Fassbinder, uno dei punti di riferimento più forti nelle scelte artistiche del regista campano, con un altro testo goldoniano, La bottega del caffè. Abbiamo sempre apprezzato i lavori che Latella ha compiuto, in passato, su Shakespeare, Genet e Pasolini, operazioni dettate dal profondo e dichiarato amore che egli ha per quegli autori, in cui la propria poetica registica si estrinsecava in maniera originale ma rispettosa. Ora, di fronte a questa trasposizione goldoniana, appare palese la distanza che il regista vuole prendere da un autore di fronte al quale, diciamolo, un certo intellettualismo teatrale ha sempre storto il naso in maniera snobistica. Ed ecco quindi che, ingabbiati i lumi della ragione, un gruppo di personaggi in partenza verso un’ignota destinazione si lascia andare a rissose, volgari, esagitate lotte verbali e fisiche, lasciando esterrefatta la povera damina settecentesca che, nel leggere le didascalie del testo, si trova più volte a reclamare pausa, sottolineando la differenza poetica tra il regista e l’autore veneziano. Il primo atto, costituito da ciò che era Le smanie per la villeggiatura (ma il termine "villeggiatura" viene sostituito con "buffonata", uscendo in questo modo fuor di metafora), va avanti così, nel chiaro intento di una denuncia politico-sociale, tra le urla degli attori, in un bilinguismo italo-teutonico di cui non è chiaro il criterio, con citazioni dantesche ed esibizioni sessuali, in cui si palesa un rapporto incestuoso tra Leonardo e Vittoria (!), creando tra il pubblico, in ordine sparso, sconcerto, noia, entusiastici consensi ed indignati abbandoni della sala. Ai sopravvissuti spetta il secondo step di questa maratona teatrale, La villeggiatura. Qui il registro è totalmente diverso: gli intrighi amorosi e gli inganni giocosi descritti dal commediografo veneziano diventano melanconici, addirittura drammatici. A parte i lazzi irriverenti dei servi, che costringono ad una inconsapevole coprofagia i nobili bevitori di cioccolata (rovesciando il rito degli aguzzini del Salò pasoliniano) il resto dell’azione è infatti incentrato tutto sulla lotta fra passione e dovere, fra i calori dei sensi ed il freddo interesse raggiungendo il culmine lirico e drammatico con le donne che recitano passi tratti dalla Vita nova di Dante come una disperata, tragica preghiera pagana. Si arriva, infine, a quello che teatralmente è il più interessante dei tre componenti della trilogia, il Ritorno; qui i protagonisti, sconfitti e scarnificati, si arrendono all’inevitabile catastrofe, soccombendo nelle botole da cui vengono inghiottiti come da impietose sabbie mobili. Non mancano, naturalmente, i nudi maschili a cui il regista non riesce proprio a rinunciare. Al termine, lo spettacolo non lascia certo indifferenti. I dubbi da parte di chi scrive sono tanti, soprattutto sull'aver assistito ad un capolavoro per certi versi incompensibile ai più o ad un supponente pastiche; quindi alla "villeggiatura" di Goldoni o alla "buffonata" di Russo-Latella? Teatro San Carlo - Napoli, 13 giugno 2009