Teatro

SPECIALE TEATRO-FESTIVAL-ITALIA: Longobardi rallenta l'ironia di Wilcock

SPECIALE TEATRO-FESTIVAL-ITALIA: Longobardi rallenta l'ironia di Wilcock

Sicuramente una delle più rappresentative commedie dell’autore italo-argentino Rodolfo J. Wilcock, Elisabetta e Limone racconta, con taglio ironico e surreale, il rapporto - di conoscenza prima e di condivisione poi - tra due solitudini, due emarginazioni. Nella vita bizzarra di Elisabetta, zitella di mezza età, per sua scelta reclusa in compagnia di un gatto, in una casa infestata dai topi per i quali confeziona abitini, a suo dire unica possibilità perché questi vadano via, irrompe Limone, un tombarolo che invece aspira ad una libertà negata. Dopo l’iniziale circospezione (la donna incatena l’uomo a letto) le differenze tra i due si incontrano ed insieme decidono di confezionare gli abitini per i roditori. Questo plot narrativo confezionato da Wilcock con ironia ed acuto nonsense, tanto da richiamare, in alcuni passaggi Ionesco e Beckett, viene servito dal regista Sergio Longobardi con discutibile astrazione, i cui tempi eccessivamente dilatati diventano quasi assenza di ritmo, facendo diventare fragili le surreali battute. A questo va aggiunta l’imprecisa recitazione di Jamel Soltani, della Compagnia della Fortezza di Volterra, che nel ruolo di Limone, troppo impegnativo per un non professionista, non riesce a riempire i troppi vuoti scenici dovuti ad una recitazione stentata e confusa nonostante il mestiere e l’affidabilità della brava Cristina Donadio, un’Elisabetta ironica e stralunata al punto giusto. Spesso queste operazioni hanno una loro validità sociale, ma non si dovrebbe confondere tale encomiabile funzione con il valore artistico e la professionalità di cui il teatro ha sempre più bisogno! Vanno altresì menzionate le accattivanti soluzioni sceniche di Fabrizio Comparone ed i divertenti costumi di Daniela Salernitano. È inoltre di notevole pregio la presenza di Oscar Valsecchi, la cui impeccabile espressività mimica dà vita alle visioni della protagonista. Un’occasione, quindi, riuscita solo in parte, che meriterebbe una prova d’appello, magari con una maggiore cura registica nei confronti della recitazione, al pari di quella estetico- visuale che invece appare riuscitissima. Teatro Totò - Napoli, 17 giugno 2009