Debutta il 29 luglio ore 21,30 ( con replica il 30 ) in Prima Nazionale al Festival La Versiliana un grande classico della letteratura tedesca, I Masnadieri di Friedrich Schiller, nella nuova lettura di Gabriele Lavia che dopo trent’anni lo riporta in scena con venti giovani artisti impegnati in uno spettacolo che emana tutto l’impeto e l’energia che il testo originale rivela.
Un gruppo di giovani talenti accompagnati anche da qualche figura più matura, ne fanno un cast di eccezionale bravura. Con le belle scene di Alessandro Camera, i costumi di Andrea Viotti e le musiche di Franco Mussida, uno spettacolo prodotto dal Teatro di Roma, Teatro Stabile dell’Umbria, in collaborazione con il Festival La Versiliana.
I masnadieri portano sul palcoscenico una potente tragedia: un perverso intreccio familiare, un amore conteso, il tradimento, l’odio e la morte. Esordio letterario di Schiller, lo spettacolo conserva tutta l’attualità dei nostri giorni, quella che era una violenta denuncia delle istituzioni politiche e sociali del tempo, attraverso la parabola del suo eroe che, dall’irrazionale ribellione raggiunge la lucida consapevolezza della propria colpa, può essere vista con occhi contemporanei. La seduzione del potere e la perversione della libertà sono i due elementi fondanti che fanno l’azione.
Con un inganno Franz risponde al fratello Karl che voleva tornare alla casa paterna pentito delle giovanili dissolutezze, e gli invia una perfida lettera a nome del padre con cui lo disereda e lo rinnega. Lo sconforto di Karl lo spinge a porsi a capo di una banda di masnadieri per vendicare ovunque torti e ingiustizie. Franz, con l’intento di sedurre e sottrarre la fidanzata al fratello, mente e annuncia la sua morte. Karl, dopo diverse vicende torna a casa paterna, scoprendo così tutte le menzogne e, rapito da un momento di riflessione, dubita che la giustizia si possa ottenere con la violenza. Un dubbio che si insinua ferocemente nell’animo di un uomo che però scopre che il padre non è morto, come invece diceva il fratello, ma sepolto vivo in una torre. La tragedia si compie: Franz si strangola. Il padre, vedendo nel figlio il masnadiero e il responsabile della morte del fratello, muore di crepacuore. Karl, ritenendosi indegno dell’amore di Amalia, la uccide e si consegna ai gendarmi.
«Die Rauber, cioè i fuorilegge, i banditi, i briganti, ma per noi, e probabilmente per sempre, I masnadieri – commenta Lavia – Con questa tragedia Schiller entra violentemente nella storia della letteratura tedesca come poeta della ribellione e come suddito ribelle, retore della libertà politico-sociale e nella kantiana libertà etica. Ma soprattutto egli entra nella storia della drammaturgia con un evento straordinario, che si tentò più volte di imitare e a cui certamente molto dobbiamo. Ciò che affascina maggiormente in Schiller è la capacità di far scoppiare effetti scenici e fondare su questi la struttura della sua drammaturgia. Egli possiede un grandioso stile drammatico e quella particolarissima abilità scenica che consiste nel saper sfruttare ogni risorsa dell'emozione e della sorpresa. I masnadieri si inseriscono idealmente nello Sturm und Drang, e in quella luce di furore visionario l'opera attacca le istituzioni politiche, sociali e i pregiudizi morali nel proposito di impiegare il palcoscenico come "Istituto morale". In questo senso le parole di Schiller risuonano nell'orecchio del mondo contemporaneo e, quell'opera "giovanile", straordinaria, del poeta, mi è sembrata l'occasione giusta per poter far nascere la Giovane Compagnia del Teatro di Roma, con uno spettacolo agile, appassionato e di grande presa».
La mia impressione :
Alla Versiliana il 29 luglio debutto "alla grande " de I Masnadieri di Schiller con la super regia di Gabriele Lavia. Pubblico delle grandi occasioni con molti " addetti ai lavori " nell'arena . Serata climaticamente tranquilla dopo diversi giorni di tempo molto perturbato, Gabriele Lavia in prima fila ,trepidante , per vedere librare la propria creatura.
Appena le luci in sala si spengono e parte la rappresentazione percepisco immediatamente l'importanza e l'imponenza dell'evento : la suggestione scenica realizzata da Alessandro Camera è notevole , una selva di altissimi riflettori , una vecchia poltrona , una fila di tavoli in legno, luci appropriate ,le musiche con effetto sipario che scandiscono e sottolineano successioni temporali degli eventi narrati ed " il gioco è fatto "- La fantasia dello spettatore è solleticata a crearsi uno spazio fisico e temporale della rappresentazione che Schiller aveva collocato in Germania in un vecchio castello della famiglia Moor alla fine del '700.
Le scene e gli stupendi costumi di Andrea Viotti ci fanno ricordare le originali ambientazioni magicamente trasportate in una indefinibile epoca per suggellare il primo miracolo della regia di Lavia che ha reso fresco ed attuale il messaggio di Schiller: la denuncia delle istituzioni politiche e sociali di quel tempo.
In un proscenio affollato ma veloce ed ordinato da geometrie efficaci si muovono venti giovani artisti che con termine calcistico " fanno squadra " alla perfezione per merito assoluto di un grande allenatore che ne ha perfino sacrificato qualche spunto personale. Per questo mi risulta difficile sottolineare singole prestazioni che sono di buon livello personale se inquadrate nella dimensione collettiva ,ma potrebbero essere in taluni casi ( Francesco Bonomo in Franz) eccezionali.
Di ottimo effetto visivo e psicologico il gruppo dei pimpanti masnadieri , superenergizzati ed esplosivi ,che trasmettono al pubblico l'essenziale carica libertaria e liberticida.
"Quota rosa " rispettata con Cristina Pasino ,convincente Amalia , che porta sulle sue spalle tutta la drammaticità di un amore conteso tra i due fratelli . Tradimento, odio , morte : tutti gli ingredienti di una tragedia che si compie secondo i canoni di una drammaturgia universale ma che arriva nella lettura di Gabriele Lavia perfino a donare in certi momenti ( la figura di Franz )il retrogusto opposto della comicità.
Grazie Lavia : è nata la Giovane Compagnia del Teatro di Roma.