Sei spettacoli di successo, il meglio della recente produzione teatrale italiana, costituiranno il nucleo fondante del pregevole cartellone 2016/17 al Teatro Donnafugata.
Al Teatro Donnafugata di Ragusa si inizia con tre one-man shows, imperniati sulle eccellenti doti attoriali dei loro protagonisti, non a caso accomunati dalla lunga militanza nei perigliosi territori dell’ars comica: Giobbe Covatta, Tullio Solenghi e Roberto Ciufoli, alle prese con lavori assai diversi per genere e ispirazione, tutti comunque fondati sulla volontà di rieditare la tradizione, trarre nuove idee, suscitare rinnovate emozioni da ciò che sembrava già assodato, che si tratti di classici letterari o generi teatrali consolidati.
Ad esempio, Covatta, il 4 e 5 novembre, con la sua Divina Commediola, rivisitazione in chiave partenopea dell’opera maior dantesca, ci insegna che a volte l’inferno rinvenibile nella nostra quotidianità supera in orrore qualsiasi crudele ipotetico tormento oltremondano: sono infatti i diritti negati dell’infanzia –soprattutto nei Paesi in via di sviluppo- il punto dolente su cui insiste questo atto unico dall’ironia amara, una denuncia e insieme un’esortazione a non dimenticare.
E ancora di sentimenti si parla con Tullio Solenghi, nelle vesti di novello cantore di alcune tra le più appassionanti pagine dell’Odissea, relative al rientro dell’eroe tra le braccia della sua sposa, descritto nel canto XIX; la lettura, in programmazione il 16 e 17 dicembre, si intitola Odisseo e Penelope, e fa parte di un più ampio percorso dal titolo Odissea- un racconto mediterraneo, con il coinvolgimento dei migliori interpreti contemporanei, nell’ambito del progetto STAR (Sistema Teatri Antichi Romani), prodotto e curato da Teatro Pubblico Ligure.
Un intermezzo improntato ad una leggerezza capace di far riflettere, quello che ci attende il 13 e 14 gennaio 2017 con i Tipi di Roberto Ciufoli: una divertente -e divertita- esplorazione antropologica dei vari modi di stare al mondo e di apparire agli altri, dove la comicità di genere lascia spazio all’inventiva dell’attore/autore, coadiuvato dalla sapiente inserzione di brani teatrali e musicali celebri, con la partecipazione della violinista Vanessa Cremaschi.
Il gusto per la citazione resta la cifra dominante anche nella seconda parte della programmazione, dove prevale la rivisitazione colta e riflessiva di classici cinematografici e letterari, nonché la Storia per eccellenza della predicazione di Gesù, considerata questa volta in chiave laica e alla luce del sincretismo culturale dei giorni nostri, quale decisiva testimonianza storico-sociale.
Idee complesse cui fa da cornice un’impostazione drammaturgica altrettanto complicata, come avviene in Hitchcock. A love story, di Fabio Morgan, affiancato nella regia da Leonardo Ferrari Carissimi, per un lavoro che sarà messo in scena l'11 e 12 febbraio p. v. dalla compagnia CK Teatro- Colossal Kitch Teatro, con gli attori Anna Favella e Massimo Odierna: collocata idealmente nella trilogia iniziata con Tutti i padri vogliono far morire i loro figli, la pièce s’impernia, ad un livello macroscopico, sull’altalenante storia d’amore tra due giovani che s’incontrano ad un provino teatrale. Non è difficile comprendere come appunto la stessa finzione teatrale, intrecciata a doppio filo con quella cinematografica, in salsa hitchcockiana -con tutte le problematiche che ne derivano- sia il punctum dolens affrontato dal lavoro ad un ulteriore livello di lettura: dramma e farsa si uniscono così nell’azione scenica, lasciando ampio spazio ad una satira acre, funzionale alla denuncia dei mali del teatro italiano - e non solo- cui nessuno e nulla sembrano potersi sottrarre, inclusa la medesima compagnia teatrale impegnata sul palco.
Non semplice neppure la messinscena del capolavoro di Bram Stoker, realizzata dalla compagnia dei Masnadieri con Dracula. La leggenda, in cartellone il 4 e 5 marzo 2017, grazie ad una produzione di Sicilia Teatro, con il regista Jacopo Bezzi e l’interpretazione di Jacopo Venturiero (Dracula), Massimo Roberto Beato (Jonathan Harker), Nicoletta La Terra (Mina Murray), Alessandra Mortelliti (Lucy Westenra) e le voci di Dario Penne, Eugenio Marinelli e Lorenzo Venturini. Serrati dialoghi si alterneranno alla citazione di stralci di corrispondenze epistolari, similmente a quanto avviene nel modello letterario di riferimento, evocando con allusioni, atmosfere e soprattutto attraverso il ‘non detto’ la vicenda orrorosa del conte-vampiro. Una -nemmeno troppo celata- allegoria pre-freudiana dei lati bui della nostra psiche, un’indagine sul Mr. Hyde che è in ciascuno di noi, dove l’incertezza sulla corretta interpretazione da attribuire a quanto accade in scena, rende bene la misura del clima fantastico entro cui si colloca l’opera letteraria di riferimento.
Ultima opera in programmazione l'8 e 9 aprile 2017, quale degno finale di questa allettante stagione teatrale al Teatro Donnafugata, Si chiamava Gesù, ideato e scritto da Emanuele Puglia, sulla base dei testi di Gesù figlio dell’uomo di Gibran Khalil Gibran, con brani cantati dal vivo tratti da La Buona Novella di Fabrizio De Andrè, riarrangiati da Gianluca Cucchiara. Unici due attori in scena, l’autore Emanuele Puglia, insieme a Carmela Buffa Calleo, cattureranno gli spettatori, guidandoli, per mezzo delle numerose testimonianze evangeliche, apocrife - o soltanto verosimili- sulla persona storica di Gesù di Nazareth, alla comprensione degli aspetti rivoluzionari insiti nella sua predicazione, capaci di travalicare le convinzioni in materia di fede di ciascuno, così come una limitante lettura confessionale degli stessi. Per dirla alla maniera di De Andrè -ispiratore della componente musicale della pièce grazie al memorabile concept album del1970, pubblicato in piena contestazione studentesca-, bisogna tornare proprio alle testimonianze recate dai Vangeli apocrifi sulla vita e i contenuti della predicazione di Gesù: vi si troverà il più potente messaggio di libertà e speranza di cambiamento in favore dei diritti di chi non ha voce, «contro gli abusi del potere, contro i soprusi dell’autorità, in nome di un egalitarismo e di una fratellanza universali».