Teatro

Tim Robbins porta a Milano il suo 'Sogno Di Una Notte Di Mezza Estate'

Tim Robbins porta a Milano il suo 'Sogno Di Una Notte Di Mezza Estate'

Il regista ed attore premio Oscar Tim Robbins è in questi giorni al Teatro Dell'Arte di Milano con la sua compagnia teatrale per una versione, co-diretta con Cynthia Ettinger, del "Sogno..." di Shakespeare che si rifà alla Commedia dell'Arte.

Se in questi giorni vi dovesse capitare di incrociare in zona Triennale a Milano un tizio alto, altissimo, somigliante a Tim Robbins, non sono traveggole date dai primi caldi quasi estivi: è davvero Tim Robbins. Il regista ed attore americano, infatti, sta per portare in scena A Midsummer Night's Dream di William Shakespeare al Teatro dell' Arte dal 22 al 24 giugno con la propria compagnia teatrale, l' Actors Gang, rinnovando quella collaborazione con il CRT iniziata a marzo. Per i non addetti ai lavori o per i non appassionati, Tim Robbins alla regia di un testo teatrale potrà sembrare una sorpresa. La sua passione per il teatro però arriva da lontano e non è un vezzo momentaneo o la ricerca di una “rigenerazione” artistica (vedi Birdman di Inarritu) in alternativa a quella legata ad un' industria cinematografica della quale Robbins non condivide le linee di produzione attuali: "Purtroppo, in questo momento, il clima culturale di Hollywood è in una situazione dove è difficile per le persone creare qualcosa di personale. Loro non fanno i film che vorrei fare. Penso che allo stato attuale delle cose, ora come ora non sarei riuscito a fare film come “Dead Man Walking” o “Le Ali Della Libertà”, non mi avrebbero dato i soldi per farli”.

Il suo lavoro con l' Actors Gang ha ormai radici più che trentennali e la sua passione per la Commedia dell'Arte (quasi una piccola ossessione personale) ha portato la compagnia e Robbins stesso a misurarsi, anche attraverso percorsi, studi filologici ed incontri (qui da noi ha incontrato i fratelli Colla, storici marionettisti di Milano, e Dario Fo), con una forma di arte teatrale che è quanto di più lontano ci sia dall' idea di teatro d'oltreoceano e che appartiene del tutto alla cultura italiana: “Ho scritto uno spettacolo che si basa sulla Commedia dell' Arte e buona parte del lavoro che farò qui sarà di parlare con chi ben conosce questo tipo di commedia, così da avere la loro prospettiva. Quello che devo scoprire è se e come l'interpretazione americana possa essere diversa da quella italiana e, in caso lo fosse, che non finisca per risultare offensiva, ma che rimanga rispettosa anche nella propria individualità”.

Nonostante il rapporto attuale col cinema rimanga piuttosto freddo, Robbins non nega di amarlo ancora anche se, per poter realizzare quei progetti personali a cui tiene maggiormente, il suo sguardo rimane rivolto verso il teatro e, un po’ a sorpresa, anche verso la televisione: “Amo il cinema come il teatro, anche se credo che il teatro mi ami di più. Lavoro ancora nel cinema ma quello che voglio creare, come lo voglio creare, posso farlo solo in teatro. Molto spesso mi trovo a dire no al cinema perchè mi vengono proposte storie che non mi coinvolgono. A teatro posso sperimentare, creare quello che voglio e non ho bisogno di un budget miliardario per farlo. (…) Ora come ora, penso si possa fare un lavoro molto più interessante in televisione e, grazie alla HBO, ho avuto la possibilità di lavorare ad una serie di cui sono molto contento”.

Sono state giornate frenetiche in attesa della prima del 22 giugno: oltre agli incontri ed al workshop teatrale appena terminato, attraverso un percorso artistico alternativo ma del tutto coerente anche con le proprie idee politiche, Tim Robbins ha chiesto la possibilità di visitare i detenuti del carcere di Bollate nell' ottica di un discorso riabilitativo che passa attraverso il teatro, a ricordare quanto il legame con l’ arte debba rimanere ancorato alla realtà quotidiana: “Negli ultimi otto anni abbiamo lavorato all' interno del sistema penitenziario statunitense con l'intento di usare il teatro come forma riabilitativa e quello che siamo arrivati a capire, richiedendo una profonda onestà emozionale e creativa ai nostri attori, è che questo modo di lavorare cambia nel profondo i detenuti. Usiamo la Commedia dell’ Arte ed i suoi personaggi come base, creando una sorta di zona franca dove gli attori-detenuti possono lasciare libera un' emozione. Ciò che è successo è che  - forse per la prima volta nella propria vita - queste donne e questi uomini sono stati in grado di guardarsi negli occhi in modo empatico, abbattendo barriere razziali ed affiliazioni a gang carcerarie. Ci siamo resi conto che stava funzionando ed ora stiamo lavorando in questo modo in 5 prigioni in California. Quando siamo in tourneè con uno spettacolo, contattiamo le autorità carcerarie per vedere le realtà detentive dei luoghi dove ci troviamo. Sono curioso di vedere come funziona il sistema carcerario italiano. (…) Nel passato abbiamo fatto molta satira, abbiamo fatto 1984 di Orwell in un momento storico in cui pensavamo fosse molto importante farlo. Ora, in questo momento storico, come compagnia abbiamo ritenuto necessario ricordare al nostro pubblico che l'amore è una cosa molto potente e abbiamo deciso di fare Shakespeare per ricordare che l'amore, più che l’ attività politica come viene esercitata ora, può cambiare il mondo. Quello che Shakespeare voleva dirci con 'Sogno di una notte di mezza estate' non l'abbiamo ancora capito, a quattro secoli di distanza: vuole dirci che il caos del mondo è generato dagli uomini che litigano tra loro. E pretendono di cambiare il mondo senza prima cambiare se stessi.”