Una notte in Tunisia ormai fa pensare alla guerra che ha acceso tutto il nord Africa e il Medio Oriente, ma fino a qualche tempo fa bastava dire ‘Hammamet’ per scoppiare a ridere scioccamente. Sì, certo, l’esilio di Craxi, l’ex primo ministro italiano che, a causa degli scandali sulla corruzione scoperti ai tempi di Mani Pulite, decise di fuggire fuori italia piuttosto che finire in carcere per i reati ascrittigli, oggi è argomento quasi dimenticato. Ne ha fatto un dramma in tre atti di Vitaliano Trevisan, giovane cinquantenne, scrittore e drammaturgo, salito sul palco un paio d’anni fa per presentare questa pièce assieme a Tiziano Scarpa nel secondo tempo, mettendo la sua commedia su un nuovo livello di interpretazione.
Oggi arriva a Milano, alla Sala Grande del Teatro Franco Parenti fino al 10 aprile, con il grande Alessandro Haber nel ruolo di protagonista. Accanto a lui Martino Duane, Pia Lanciotti e Pietro Micci diretti da Andrée Ruth Shammah che ‘mette a fuoco’ la situazione. Con un linguaggio poetico, Vitaliano Trevisan indaga nei meandri della politica vista con lo sguardo di un importante uomo politico, andato volontariamente in esilio in Tunisia. Ci sono la malattia, il rancore, la rabbia verso la società, il rifiuto. La fine di un uomo, la caduta, la perdita del potere. Il sipario si apre con la splendida musica di Dizzy Gillespie, A night in Tunisia è il titolo, ammiccante.
Ci si trova in un luogo che in un primo tempo deve essere stato usato come casa delle vacanze ma che diventa domicilio e rifugio finale. Tra squilibri mentali e squilibri sociali, la tragedia si snocciola in un crescendo che rasenta il thriller, condotto comunque fra dialoghi pacati e lucidi, per cambiare con la malattia che mina l’animo e i pensieri. le musiche sono state create appositamente dal giovane compositore israeliano Yuval Avital per la scenografia sonora di "Mise en abime", sperimentazione sonora realizzata da RAI-Direzione Strategie Tecnologiche con il CRIT di Torino e il CPTV di Milano. I quadri proiettati sul fondale sono di Pietro Guccione. Operazione interessante che mette al centro del palcoscenico l’identità e l'inesorabilità della natura umana di un individuo, grazie al testo assai rigoroso.
(foto di O. Quirino)