Si parla molto del nuovo lavoro di Emma Dante, Operetta burlesca, che ha debuttato a Bari a fine aprile e in questi giorni viene presentato a Torino nell’ambito del Festival delle Colline Torinesi. Ma dopo averlo visto, in verità si può rimanere alquanto delusi. Lo spettacolo affronta il tema della diversità di genere in modo abbastanza scontato, ruotando intorno ai frequenti luoghi comuni nei quali spesso ci si imbatte osservando la vicenda di un uomo come Pietro, un ragazzo della provincia meridionale, nato ai piedi del Vesuvio, ma trasferitosi in un paesino della provincia siciliana.
Pietro vive coi genitori, è figlio unico, rifiuta di lavorare con il padre presso una pompa di benzina e si sente spesso inadeguato. Le sue uniche libertà sono indossare abiti femminili e ballare.
Tuttavia, non mi trovo d’accordo con la definizione che l’autrice dà di questo suo lavoro, ovvero uno “spogliarello dell’anima”. Le nudità rappresentate non esprimono, a mio parere liberta, in quanto sono spesso rivelate in modo gratuito (ma mai volgare). A esaltare una concezione del rifiuto esagerato del proprio corpo, parte della scenografia, realizzata con la presenza in scena di bambole gonfiabili (maschili e femminili), appese a dei fili, come burattini.
Il bello della storia, a mio parere, resta quello di essere accompagnata da una colonna sonora simbolicamente rilevante, che comprende la voce di Tosca che interpreta il successo sanremese Il terzo fuochista, in apertura e chiusura della pièce; e poi atmosfere sonore che spaziano dal charleston al flamenco e dove il nudo gratuito finisce per snaturare la potenziale sensualità delle movenze degli interpreti in scena.
Detto questo, un plauso va certamente rivolto agli attori e performer, a loro modo, intensi: Carmine Maringola, Francesco Guida, Roberto Galbo, Viola Carinci. E il pubblico, alla fine, dimostra comunque di apprezzare il lavoro.