Non fosse altro per la presenza di una ragguardevole compagine strumentale – l’Orchestre National del Lorraine, che ha la sua sede a Metz – questo concerto si può considerare come l’evento centrale del Festival Gouvy, promosso ed organizzato dalla Fondazione Bru Zane: manifestazione che si concluderà a breve, e della quale vi abbiamo parlato, sempre su queste pagine prima del suo avvio.
La Lorena, al pari della limitrofa Alsazia, fu sempre contesa tra Germania e Francia, ed abitata da gente dell’una e dell’altra lingua che cambiò più volte padrone. Un tempo parte del Sacro Romano Impero, passò sotto la Francia durante il regno di Luigi XIV; divenne nuovamente tedesca nel 1871, a seguito della sconfitta francese nella guerra contro la Prussia, e tale restò sino al trattato di Versailles che la riconsegnò al governo di Parigi sotto il quale – tranne la parentesi nazista – è da allora vissuta. Strasburgo, Nancy e Metz sono dunque delle città di confine, e quindi – politica a parte - un po’ tedesche e un po’ francesi anche nel carattere dei loro abitanti. E tali anche nel carattere dei loro musicisti, come i tre - Ambroise Thomas, Gabriel Pierné e Thédore Gouvy, tutti lorenesi – le cui musiche abbiamo incontrato nella locandina di questo concerto tenutosi nella sala superiore della Scuola Grande di San Rocco, uno dei più fastosi e celebri ambienti veneziani.
Abroise Thomas (1811-1896) è oggi conosciuto per altri suoi lavori piuttosto che per “Raymond, ou Le Secret de la reine”; opera che nel 1851, accolta favorevolmente dal pubblico (assai meno purtroppo dalla critica) riprendeva la leggenda popolare della maschera di ferro, cioè il sosia del Re Sole tenuto prigioniero in un luogo segreto. L’opera è scomparsa dalle scene, non però dai programmi la sua gradevole Ouverture che apriva anche il concerto veneziano; un brano che per la colorita orchestrazione e la felicità melodica ha conservato il favore del pubblico, e che fu sovente offerto da Leonard Bernstein come travolgente bis.
Pochissimo frequentato è invece il Concerto per piano e orchestra in do minore op. 12 di Gabriel Pierné (1863-1937), lavoro in tre movimenti (Allegro deciso - Allegro scherzando - Finale: allegro un poco agitato) composto nel 1886 al rientro dal soggiorno romano a Villa Medici, dove aveva soggiornato quale vincitore del prestigioso Prix du Rome. Dedicataria e prima esecutrice del concerto l’anno seguente fu la giovane Aimée-Marie Roger Miclos, celebrata interprete di Saint-Saëns. Pierné aveva allora 23 anni, e quindi la sua formazione musicale era ancora in nuce sebbene la tecnica compositiva fosse già salda. L’influenza dei concerti per piano del già maturo e famoso compositore parigino – tecnicamente Saint-Saëns era un pianista alla pari di Liszt, per ammissione di quest’ultimo – appare più che evidente, sia nella trattazione virtuosistica che richiede un vero e proprio tour de force al solista, sia per l’atmosfera generale che riprende molto del suo Secondo concerto per piano, l’op.22 del 1868. Da questo lavoro, tra i più apprezzati di Saint-Saëns, Pierné non solo riprende la mancanza di un movimento lento, ma anche mutua il colorito virtuosismo, la ricchezza e pure qualche somiglianza nei temi; per il suo Allegro scherzando adotta poi la medesima tonalità di mi bemolle maggiore, e la misura ternaria a due tempi. Ma quello che mi pare più curioso è come qua e là – soprattutto nell’Allegro deciso – emerga qualche innegabile anticipazione degli analoghi lavori di Rachmaninov, peraltro posteriori di una trentina d’anni e più.
“Che un musicista dell’importanza del signor Gouvy sia ancora così poco noto a Parigi, mentre tanti moscerini importunano il pubblico con il loro ostinato ronzio, è cosa che confonde e indigna gli spiriti naturali che ancora credono alla ragione e alla giustizia dei nostri costumi musicali”, scriveva nel 1851 sul Journal des Débats un critico di talento quale Hector Berlioz. Théodore Gouvy (1819-1898), soggetto centrale del Festival veneziano, era un musicista un po’ tedesco e un po’francese, come Jacques Offenbach:, cittadino tedesco di nascita, si formò musicalmente a Parigi e poi a Francoforte, Lipsia e Berlino. Ottenne la nazionalità francese nel 1832, ma poi in vecchiaia si ritirò in Mosella; e parlava benissimo l’uno e l’altra lingua. Ricco di famiglia, non cercò mai il facile successo né inseguì le mode, fedele al proprio gusto e al suo estro creativo. Questo atteggiamento lo emarginò ovviamente dalle sale da concerto, affollate da famelici fruitori di musiche à la page; ma le maggiori critiche che gli si mossero convergevano sull’influsso dei grandi compositori tedeschi, frutto di un’ammirazione che emerge sia nella copiosa produzione da camera, sia in quella sinfonica: e in effetti Schubert, Schumann, Mendelssohn, e poi Brahms furono fondamentali punti di riferimento per Gouvy, che nondimeno seppe reiinterpretare quei modelli con una certa freschezza ed originalità. Come accade nella sua giovanile “Sinfonia n. 1” in mi bemolle maggiore op. 9, suddivisa in quattro canonici movimenti: un Allegro maestoso in cui un toccante e intenso corale degli ottoni presenta un lucido tono schumanniano; un energico Scherzo di tono intimamente beethoveniano; un Andante dalla commovente linea melodica di sapore tutto francese; e in ultimo un Finale virtuosistico e grandioso, che riecheggia gli analoghi, esaltanti episodi mendelsohniani. Presentata al Théâtre Italien nell’aprile del 1847 ed apprezzatissima da Berlioz, la “Prima Sinfonia” di Gouvy ebbe poi di grande diffusione anche fuori di Francia, ma non restò in repertorio come del resto accadde a quasi tutta la produzione di Gouvy, autore ignorato persino dalle famose Guide musicali della Fayard. Eppure il riascolto oggi – mi riferisco anche alle altre composizioni da camera presentate nel Festival veneziano - rivela ancora una volta che il suo autore fu il vero trait d’union tra il camerismo ed il sinfonismo tedeschi, e e gli analoghi ambiti francesi.
La scelta di Jacques Mercier come direttore di questo concerto non è stata casuale: il musicista lorenese ha registrato per la CPO, tra il 2007 ed il 2011, tutte le sette sinfonie di Gouvy con la Deutsche Radio Philharmonie Saarbrücken. Dal 2002 presiede alla guida artistica dell’Orchestre nationale de Lorraine, che ha sede nella nativa Metz, ampia formazione impegnata sia nel repertorio operistico che in quello sinfonico. Concertatore di squisita sensibilità, in questo appuntamento veneziano Mercier ha ottenuto dalla sua compagine delle esecuzioni veramente esaltanti, oltre che di una precisione ammirevole. Nè si può negare che Jean-Efflam Bavouzet, lanciato nell’agone internazionale da Georg Solti e vincitore di vari premi anche discografici, non sia stato all’altezza del difficile cimento con il concerto di Piernè, eseguito con funambolica abilità ed olimpica scioltezza. Tanto da permettersi di offrire al pubblico di San Rocco persino un travolgente bis, la rapinosa “Toccata“ di Jules Massenet. Generosi bis anche del direttore e dell’orchestra, con due brani: “Farandole“ e “Adagietto“, dalle musiche di scena di Bizet per “L‘Arlésienne“.
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