Teatro

Vicenza, la dolce Boemia

Vicenza, la dolce Boemia

Quanta strada può fare una melodia, viaggiando nel tempo e nello spazio! Alla fine del Cinquecento Giuseppino Cenci – noto anche come Giuseppino del Biado - pubblicava in una raccolta di madrigali una bella canzone sui versi «Fuggi, fuggi, da questo cielo»; nota anche come “La Mantovana”, la sua melodia la troviamo poi riutilizzata più volte, ad esempio nel 1645 da Biagio Marini in una composizione dell’opera 22 intitolata “Sonata Sopra 'Fuggi dolente core'”. Ma non è finita qui… ecco la melodia del Cenci girare per mezza Europa e riapparire in una folksong scozzese (My mistress is prettie), in una canzone polacca (Pod Krakowem)  ed in una ucraina (Kateryna Ku
erjava), e fare capolino persino nella penicola iberica con Virgen de la Cueva. E poi eccola finire sulla tastiera sulla quale Biedrich Smetana componeva il ciclo di poemi sinfonici “Ma Vlast” (“La mia patria”), per divenire il famosissimo tema principale di “Vltava” (“La Moldava”) scritto di getto tra novembre e dicembre del 1874: spunto melodico ccui è affidato il compito di descrivere l’impeto dell’acqua cristallina che sgorga dalle sorgenti della Selva Boema.
E proprio da “Vltava” ha preso avvio l’itinerario musicale che l’Orchestra del Teatro Olimpico e il suo direttore artistico Giampaolo Bisanti hanno scelto per il secondo dei concerti sinfonici della stagione 2013/2014 e della rassegna “Suoni dal mondo” (il primo di essi diretto da Andrea Battistoni era dedicato alla Grande Russia), concerto offerto la sera del 12 dicembre ed intitolato “La dolce Boemia”. Una tappa importante, che ovviamente trovava sponde ideali nei due maggiori compositori boemi, cioè in Smetana (1824-1884) ed in Antonin Dvořák (1841-1904), figure emblematiche di una corrente artistica trasversale - quella delle cosiddette ‘Scuole Nazionali’ - che scorgeva nel recupero delle radici folkloristiche della propria patria un mezzo fondamentale per riappropriarsi della propria identità socio-culturale, oltrechè politica.
Esecuzione flessuosa e ricca di colori, oltre che di pathos quella di  “Vltava”, cui ha fatto seguito una brillante esecuzione del Concerto per violoncello ed orchestra op. 104 di Antonin Dvořák – sicuramente la più affascinante tra le composizioni dedicate a questo strumento - in cui l’indubbia bravura e la grande sensibilità della violoncellista Silvia Chiesa hanno avuto agio di emergere appieno. Per concludere, bella esecuzione dell’Ottava Sinfonia op. 88, sempre di Dvořák, cantico sinfonico che descrive lo stupore dell’uomo dinnanzi alle meraviglie del creato: lo stesso sentimento ravvisabile nella Quarta Sinfonia di un altro illustre boemo, Gustav Mahler, nella quale qualche eco dell’Allegretto grazioso dell’Ottava del compositore di Nelahozeyes è indubbiamente ravvisabile. Anche in questo caso, esecuzione di alto livello ed appassionata, conclusasi con un entusiastico applauso del pubblico che affollava la sala del massimo Teatro vicentino.
La OTO era già da tempo una bella realtà; ma da un anno a questa parte si sta dimostrando, grazie alle prodighe attenzioni di Giampaolo Bisanti, una compagine sempre più attenta, sensibile e duttile; e bisogna tenere conto che tra le sue file troviamo inserite ex tempore anche giovani forze, con l’intento di far vivere loro una esperienza ‘di gruppo’ fondamentale nel loro percorso di formazione musicale.
Per inciso, riprendendo un attimo il discorso iniziale, un’ultima curiosa annotazione. La bella aria del Cenci, continuando il suo peregrinare per il mondo è finita dall’altro lato del Mediterraneo, in Palestina, dove costituisce la base di “Hatikvah” (“La speranza”): l’inno nazionale dello stato di Israele.