Vittore Crivelli è un artista da riscoprire che incarna perfettamente il senso di un Rinascimento appenninico, alternativo ai grandi centri delle Marche, quelle città come Ascoli, Camerino e Fermo che creano un ideale vertice geografico al cui centro si posiziona Sarnano (così i due giovani, entusiasti curatori della mostra). La mostra è la prima dedicata a Vittore Crivelli, colpito nei secoli da sfortuna critica, o meglio vittima della fortuna critica e collezionistica del fratello Carlo. Rovescio della medaglia: la maggior parte delle sue opere sono rimaste nelle Marche ed i polittici sono integri. I due fratelli nascono a Venezia e giungono nelle Marche dopo un soggiorno a Zara, in Dalmazia. Carlo vive tra Ascoli, Fermo e Camerino, puntando a un cursus honorum che lo porta ad ottenere il titolo nobiliare di Cavaliere, ricevuto negli anni camerti e poi utilizzato sempre per sottoscrivere contratti e firmare opere. Vittore non si muove da Fermo, dalla sua bottega operosissima da dove spedisce opere in ogni luogo delle Marche meridionali, sotto l’organizzazione del figlio Giacomo, valente imprenditore per il padre.
La prima sezione è dedicata agli “antefatti”: il territorio in esame, prima del 1478, è ricco per la fortuna economica e culturale che si irradia da Camerino. Dalla Pinacoteca Vaticana arriva la “Madonna della farfalla” di Francesco di Gentile da Fabriano dal contenuto simbolico: la farfalla rimanda alla morte e il cetriolo alla resurrezione, come narrato nelle Sacre scritture che la Madonna ostenta verso lo spettatore. Una Madonna dalle mani liquide e molli così distanti dalle mani delle Madonne di Carlo Crivelli, rigide ed ossute. Il Bambino è in posizione semisdraiata, come fosse una deposizione nel sepolcro. Particolarissime le nuvole, che sembrano onde di un mare in tempesta, in contrasto col volto impassibilmente addolorato della Madonna. Un tempo attribuito al fabrianese ma ora nel catalogo di Luca di Paolo da Matelica, lo stendardo processionale in legno (Annunciazione ed Eterno benedicente da un lato e Madonna in trono con Bambino e Pietà dall’altro) documenta la prima attività del pittore, tributaria di Gentile da Fabriano con la mediazione di Giovanni Boccati e Lorenzo d’Alessandro da Sanseverino. A quest’ultimo sono state attribuite da Andrea De Marchi le due tavole con coppie di santi (San Sebastiano e Santa Caterina d’Alessandria, San Giovanni Battista e San Bernardo) un tempo assegnate al settempedano Ludovico Urbani, scomparti laterali di un trittico con al centro la Crocifissione ora ad Avignone, che segna il primo Rinascimento marchigiano. A Stefano Folchetti può essere attribuita la statua di Madonna orante esposta al museo del Bargello di Firenze ma proveniente da San Ginesio, le cui preziose vesti policrome rimandano a Crivelli con suggestioni salimbeniane. Chiude la sezione la Santa Lucia, scultura in legno dipinto del Maestro Domenico “del presepe”, ideale collegamento con la chiesa di Santa Maria di piazza alta, che conserva una Madonna e un San Giuseppe dello stesso artista. Di Santa Lucia colpiscono la figura affusolata ed elegante nella contenuta gestualità, il lungo collo, la policromia del volto con le gote arrossate esaltata dai riflessi dorati dei capelli.
La seconda sezione è dedicata a Carlo e Vittore Crivelli. Il confronto tra le Madonne oranti di Falerone, Sarnano e Cupramarittima (quest’ultima parte centrale di un trittico) documenta la serialità (ma di altissima qualità) del lavoro di Vittore. Inizialmente su tavola poi trasportata su tela la tenerissima Madonna col Bambino di Carlo della Pinacoteca civica di Macerata, mentre non sono ancora giunte in mostra perché in restauro la Madonna con Bambino del museo di Castelvecchio a Verona e la Madonna del latte di Corridonia, entrambe di Carlo. La terza sezione si intreccia con la seconda e cerca la ricomposizione di tre polittici smembrati nell’Ottocento, quelli di Potenza Picena (1491), Loro Piceno (1481) e Monteprandone (1480-85). Del primo sono stati riuniti Santa Chiara (Firenze, collezione privata) e la Pietà (Macerata, fondazione Carima). Del terzo sono stati riuniti i santi Antonio abate (collezione privata di Monaco di Baviera), Leonardo, Placido e Giacomo della Marca (Pinacoteca di Ripatransone). Al secondo forse appartengono i Santi Antonio da Padova e Pietro di collezione privata camerte. Curiosa la storia del polittico di Monsampietro Morico: la parte centrale è originale di Vittore; la Madonna orante con il Bambino ai piedi (da confrontare con le precedenti) ha ai lati i Santi Elpidio e Sebastiano ed è sormontata dal Cristo emergente dal sepolcro; le figure sono separate da colonne che sostengono una trabeazione. Nel Seicento sono state aggiunte quattro figure, la Vergine Annunciata, l’arcangelo Gabriele, Sant’Antonio da Padova e Santa Lucia. La sala è arricchita da volumi con i contratti originali di commissione delle opere a Vittore Crivelli e da un reliquiario da Rapagnano identico a quello mantenuto dal beato Giacomo della Marca nella tavola di Ripatransone. Giacomo della Marca muore nel 1476 e i Crivelli, che forse lo incontrano, ne fissano l’immagine iconografica: il francescano predicatore ha in mano un libro (è uomo colto) ed un reliquiario con il sangue di Cristo oggetto delle sue prediche.
La successiva sezione, “dialoghi”, propone Lorenzo d’Alessandro da Sanseverino, Stefano Falchetti da San Ginesio e Pietro Alamanno, tedesco naturalizzato ascolano, artisti su cui Vittore Crivelli avrebbe esercitato influssi, evidenti in particolare nelle tavole di Alamanno dalla pinacoteca di Montefortino: i capelli tortili, le rigide pieghe dei panneggi, le lunghe dita delle mani, i volti severi, elementi che rimandano a Carlo Crivelli. La sala è completata da sculture: l’Annunciazione e l’Arcangelo Gabriele di scultore crivellesco (dalla Galleria Nazionale delle Marche ma provenienti dalla chiesa parrocchiale di Rotella), il San Rocco di anonimo dalla collegiata di San Ginesio e il San Sebastiano di Domenico Indivini da Sanseverino dalla chiesa di San Rocco a Sanseverino.
I “predicatori” occupano l’ultima sezione, dedicata alla funzione delle immagini ostentate per la predicazione e nelle processioni: il severo San Bernardino da Siena di Antonio di Agostino da Fabriano (da collezione privata londinese) e l’estatico Sant’Antonio da Padova di Lorenzo d’Alessandro da Sanseverino (da Pollenza). In una vetrina un codice autografo di San Giacomo della Marca con le sue prediche e un piccolo libro da bisaccia a lui appartenuto. Qui anche la notevole Madonna del Monte di Vittore da Massa Fermana.
Di fronte al palazzo del popolo, la chiesa di Santa Maria di piazza alta dà il senso della cultura rinascimentale a Sarnano nell’architettura, negli affreschi, nelle tavole: lo stendardo di Giovanni Angelo di Antonio con l’Annunciazione da un lato e la Crocifissione dall’altro, i due scomparti con due santi ciascuno dal polittico di Niccolò di Liberatore, la Madonna della Misericordia di Pietro Alamanno, la Madonna orante e il San Giuseppe del Maestro Domenico “del presepe”, il grande tabernacolo affrescato da Lorenzo d’Alessandro da Sanseverino, capolavoro del Rinascimento marchigiano: “esempio di una sintesi straordinaria di stimoli diversi, sempre riassorbiti entro una personale e riconoscibile rielaborazione”, “uno spazio che denuncia un’adesione sincera e molto personale ai principi del Rinascimento”. L’esposizione continua a Monte San Martino, nella cui chiesa sono conservati quattro polittici, uno di Girolamo di Giovanni, due di Vittore Crivelli e uno di Carlo e Vittore insieme, ma più probabilmente iniziato da Carlo e completato da Vittore molti anni dopo a seguito della morte del fratello. Infatti in un documento del settembre 1495 risulta che Vittore richiese l’eredità del fratello Carlo, che aveva lasciato una moglie e tre figlie femmine ma non eredi maschi: evidentemente Vittore mirava alla bottega del fratello, che conteneva modelli ed opere non finite.
Il catalogo Marsilio contiene un saggio di Emanuela Di Stefano su Sarnano e le Marche appenniniche nel Quattrocento, Alessandro Delpriori propone un “percorso per un Rinascimento nell’Appennino”, Jasenka Gudelj documenta a Zara i fratelli Crivelli, che Francesca Coltrinari segue nelle Marche. Quindi gli scritti tecnici: Giuseppe Capriotti analizza i simboli nelle tavole crivellesche, Simone Settembri le tecniche e Fausto Fracassi guarda le tavole gli infrarossi. Chiudono le schede delle opere in esposizione ed il regesto documentario.
Dalla mostra si dipartono itinerari crivelleschi nelle province di Fermo (Fermo, Torre di Palme, Massa Fermana, Monsampietro Morico, Porto San Giorgio, Sant’Elpidio a Mare) e Macerata (San Severino).
Sarnano (MC), palazzo del popolo e chiesa di Santa Maria di piazza alta (sede distaccata chiesa di San Martino a Monte San Martino), fino al 06 novembre 2011, aperta dalle 10 alle 12.30 e dalle 15 alle 18.30 (chiusa i lunedì mattina non festivi), dal 24 luglio al 28 agosto apertura anche serale dalle 21.30 alle 23, ingresso euro 9,00 valido per tutte le sedi, catalogo Marsilio, infoline 800.255525, sito internet www.vittorecrivelli.it
FRANCESCO RAPACCIONI