Teatro

Zurigo, Anna Bolena

Zurigo, Anna Bolena

Anna Netrebko trionfa in un ruolo cult a distanza di qualche anno dal debutto nonostante (e forse proprio grazie a) l'evoluzione della voce.

Zurigo, Opernhaus, "Anna Bolena" di Gaetano Donizetti

Vortice di voce ed emozione

Anna Bolena è di nuovo in scena all’Opernhaus di Zurigo e il motivo di interesse, più che l’allestimento, è ritrovare Anna Netrebko nel ruolo protagonista a distanza di qualche anno dal suo debutto nel ruolo. Seppur la cantante, considerata l’evoluzione della voce, stia progressivamente abbandonando ruoli donizettiani, Anna Bolena costituisce un’eccezione e riteniamo che possa diventare per la cantante russa un ruolo “cult” su cui lavorare per il futuro.

La regia tradizionale di Giancarlo del Monaco si limita a mettere in primo piano il canto senza aggiungere nuovi contenuti e la produzione, se non fosse per la presenza della Netrebko, risulterebbe convenzionale e  noiosa. Lo scenografo Mark Väisänen ambienta la vicenda fra claustrofobiche mura di pietra con un’apertura squadrata sul fondo che mostra squarci di un giardino con alberi in fiore. Durante l’ouverture vediamo seduta su di una panchina del parco una bambina ovvero Elisabetta I, figlia di Anna Bolena ed Enrico VIII: la muta presenza accompagnerà  altri quadri dell’opera e, divenuta adolescente, avrà il compito di tagliare i capelli alla madre prima dell’esecuzione. Il movimento scenico è piuttosto statico e anche il coro appare immobile quando si alzano le mura laterali e appare una galleria che ricorda la fila di palchi di un teatro. Lo scontro fra rivali del secondo atto ha luogo in un ambiente dominato da grandi specchiere dorate appoggiate a terra che alludono metaforicamente alle vanità passate e ai ricordi che perdono i contorni come le immagini sfuocate restituite dal dedalo di specchi. La prigione è giocata sui toni del nero e dell’argento con la neve sullo sfondo e catene che scendono dall’alto a disegnare una selva di ferro e acciaio. Anna va incontro alla morte aprendo le braccia come in volo ma la gigantesca cornice dorata che cala dall’alto, per incorniciare “la coppia iniqua”  in lontananza e forse ghigliottinare Anna, per motivi tecnici rimane sospesa a mezz'aria e fra il pubblico serpeggia lo sconcerto.
Decisamente curati e valorizzanti gli eleganti costumi di Marie-Luise Walek che postdatano la vicenda ai primi del Novecento in epoca edoardiana con una profusione di ombrellini, trine, perle. Seymour  non può che indossare provocanti abiti da sera di un rosso acceso, mentre la regalità della protagonista è marcata da raffinati abiti di broccato di taglio tardo rinascimentale il cui colore si abbina alla situazione scenica e la bruna bellezza della diva è impreziosita da diademi e gioielli.

Anna Netrebko ha grinta, temperamento e carisma da autentica Regina e offusca ogni antagonista; inoltre dà ad Anna Bolena tale carne, rabbia, dolore e  sentimento che il personaggio vive  e parla alla “pancia” dello spettatore. Rispetto al 2011 si percepisce un maggiore coinvolgimento psicologico e vocale e, in particolare nel secondo atto, trascina il pubblico in un vortice  emotivo. Col tempo la voce ha guadagnato in peso e potenza e si presta a un’incisività di scatto drammatico difficilmente eguagliabile: potente e temibile “Giudici …ad Anna!” e  la “Coppia iniqua” travolge  con un fiume di voce in piena pur risolvendo tutte le variazioni. Il canto è sempre curato e la voce dal timbro inconfondibile conferisce alle pagine elegiache sensualità e pienezza.

Con una primadonna del genere è inevitabile che la rivale passi in secondo piano ed è un po’ un peccato perché Veronica Simeoni, oltre ad avere le physique du role, canta veramente bene: la voce è compatta e omogenea e il fiato è più controllato rispetto a quello della Netrebko, ma non ne ha i colori. Luca Pisaroni ha un canto nitido, agile e curato e la voce potente tratteggia un Enrico VIII imperioso e regale (il personaggio vorrebbe forse maggiore protervia e funziona più come seduttore che come antagonista). Ismael Jordi è un Percy di voce chiara e prodiga di  mezzevoci, da affinare i passaggi al registro acuto. Curato e palpitante il canto di Judith Schmid, decisamente credibile nel ruolo en travesti di Smeton. Concludono adeguatamente il cast Ruben Drole (Lord Rocheford) e Yujoong Kim (Sir Hervey). Il ruolo muto di Elisabetta I bambina e adolescente  è affidato rispettivamente  a Jil Galatoire e Zoe Lagutaine.

La direzione di Andriy Yurkevych trova bei colori e la cornice strumentale risulta apprezzabile ma cornice rimane e nulla aggiunge in significato. La scelta dei tempi risulta un po’ antidrammatica e non immerge la vicenda nel giusto clima romantico.

Grandissimo e meritato successo alla fine.

Visto a Zurigo, Opernhaus, il 29 marzo 2015